Stefano Gabbana e Domenico Dolce sono in vetta alle classifiche italiane con i loro 700 milioni di euro di fatturato, dietro solo a Prada e Armani.
Vent'anni di Dolce & Gabbana. Che effetto vi fa?
«Nei giorni scorsi abbiamo fatto una foto per un giornale straniero. Era un nostro ritratto con dietro venti modelle, che vestivano vent'anni di nostri vestiti. Eravamo scioccati. In quel momento abbiamo realizzato che è passato tutto questo tempo. E, per dirla tutta, se potessimo tornare indietro rifaremmo tutto daccapo. Ci stiamo ancora divertendo».
Ogni giorno si parla di Cina, competitività, innovazione. I consumi in occidenti sono cambiati e l'industria italiana soffre.
«Rimane il fatto che la creatività italiana è unica ancora oggi, noi italiani siamo i più copiati. Per affrontare bene il futuro il trucco è capire i bisogni della gente. Lo stilista non decide un bel niente, deve semplicemente tradurre, con i propri occhi, le esigenze del pubblico».
Si dice che l'industria italiana debba puntare sull'innovazione per rimanere competitiva. Voi che tipo di innovatori siete?
«Camminiamo per strada. Viviamo in mezzo alla gente chic, in mezzo alla gente chip, tra i più semplici e i più colti. Andiamo a ballare, a prendere l'anguria a mezzanotte. Quello che non facciamo è girare con le guardie del corpo, l'autista e gli occhiali neri».
Estratto da Affari & Finanza del 20/06/05 a cura di Pambianconews