Tredicimila imprese in cinque anni. Nella guerra della moda si contano i caduti italiani ma la battaglia più cruenta è appena iniziata. Più di un'azienda su dieci è scomparsa dal 1999 a oggi. In parte è un dimagrimento fisiologico, ma è il resto che preoccupa. Spaventa l'attacco dei produttori cinesi dopo la caduta delle quote e impressiona la loro capacità di «infiltrarsi» nel sistema italiano: le imprese individuali con un titolare cinese in Italia sono 8.483, oltre l'8% di tutte le aziende italiane del settore scese a 103mila a fine 2004, e oltre il 14% delle ditte individuali, secondo i dati della Camera di commercio di Milano.
Dentro la moda che soffre, i cinesi avanzano: in quattro anni il numero delle imprese di moda proprietà dei Li e degli Hu è aumentato del 60% e tra le aziende di extracomunitari quattro su cinque sono cinesi. E come nella classifica generale, in quella dei cinesi la regione più affollata di imprese è la Toscana, seguita dalla Lombardia. Non si può non parlare di Cina, quando il tema è la moda. È successo anche ieri alla giornata conclusiva del convegno «Milano di moda» , organizzato dal Comune di Milano, dalla Camera di commercio e da Banca Intesa.
«Tra euro forte, caduta delle barriere e Cina, dice il presidente di Sistema moda Italia, Paolo Zegna, il sistema è in difficoltà. Vogliamo soltanto che a livello internazionale ci sia la legalità, regole uguali per tutti. Il solo tessile-abbigliamento ha perso 40mila posti negli ultimi due anni ma sarà inevitabile perdere ancora una parte dei nostri 700mila occupati, perché certi prodotti qui non sono più competitivi». Laura Biagiotti da tempo è in Cina per vendere e ha deciso anche di produrre sul posto. «Ho sempre dovuto spendere tanto per combattere la contraffazione. Alla fine ho deciso di copiarmi da sola: produco in Cina borse e altri accessori per la seconda linea».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 4/05/05 a cura di Pambianconews