Pagina 1 del bilancio 2004 Finpart: «Signori azionisti, nel corso del mese di maggio 2004 la vostra società ha approvato un piano di riassetto strategico-operativo che ha trovato il suo completamento nel piano finanziario, approvato nel mese di luglio». Verrebbe da pensare che i problemi della Finpart (Cerruti, Pepper, Frette) siano stati risolti, che gli obbligazionisti saranno parzialmente rimborsati come da annunci (40% cash, 60% in azioni), che le cessioni sono andate in porto e che le banche hanno aperto i rubinetti. Invece da mesi questa storia di finanza che viaggia al confine del codice penale è coperta da un silenzio assurdo.
Solo qua e là interrotto da comunicati su cessioni o preannunci di preliminari di preaccordi di cessioni. In alcuni casi gli aspiranti acquirenti sono gli stessi finanzieri e imprenditori del vecchio e poco trasparente «giro» italo-svizzero, quello per intenderci che ruotava intorno a Gianluigi Facchini, i cui compensi milionari in Finpart sono stati inversamente proporzionali ai risultati ottenuti. Ora, però, dopo un anno passato a raccontare la storiella che «nel giro di una settimana c'è l'accordo con le banche», è finito il lunghissimo time out. Giovedì dovrà pronunciarsi il tribunale fallimentare di Milano. Nell'udienza del 24 febbraio i giudici avevano concesso una dilazione a Finpart per presentare una memoria sullo stato di realizzazione del piano.
Un fascicolo su Finpart l'ha aperto già da tempo anche la Procura di Milano. Un eventuale fallimento aprirebbe la strada alla contestazione di bancarotta e annullerebbe automaticamente tutti i contratti di cessione (marchi, aziende) già siglati. Da tre anni i revisori si rifiutano di dare la certificazione al bilancio, quello del 2003 è stato impugnato dalla Consob. Da un anno ci sono migliaia di obbligazionisti che vorrebbero sapere che fine ha fatto il piano di salvataggio e quanto è rimasto dei loro soldi.
Estratto da Corriere della Sera del 3/05/05 a cura di Pambianconews