Oggi è l'imprenditoria la vera forza del made in Italy nel design, non la creatività. E Driade ne è un esempio, non certo l'unico. Nata nel 1968, «con l'idea di cambiare il futuro» come spiega Adelaide Acerbi Astori, moglie di Enrico (fondatore e attuale responsabile dell'azienda), che in Driade si occupa della comunicazione, la società ha raggiunto oggi un fatturato di 25 milioni di euro, con 80 dipendenti circa. Ma soprattutto è riuscita ad affermare un marchio di successo nel mondo.
All'inizio le punte di diamante erano i designer italiani, poi gli stranieri hanno preso il sopravvento. Un po' ovunque. Che cosa è successo? «Negli anni 50, dice Adelaide Astori l'Italia non era ricca, ma aveva molta voglia di lottare, di fare tutto. Gli italiani sognavano un futuro, oggi non credono più in loro stessi. Allora l'intesa tra architetti e piccoli industriali della Brianza diede vita al grandissimo successo del design italiano. Che è durato fino agli anni Settanta: poi è arrivata un po' di fiacca. E noi abbiamo cominciato a mettere in produzione opere di artisti stranieri, all'inizio con grande scandalo dei designer italiani».
Così Driade ha scelto la flessibilità: tutto viene prodotto fuori, in posti diversi a seconda di quello che si deve fare. Spiega Adelaide Astori: «Nelle Filippine abbiamo fatto un serie di mobili in midollino, mentre il candeliere d'argento di Philip Stark siamo andati a produrlo a Bangkok: in Italia il costo sarebbe stato insostenibile. Ma le sedie in fibra di carbonio le facciamo qui, nell'officina che lavora per la Ferrari». In Italia resta comunque un tessuto produttivo importante, tanto che anche gli inglesi spesso vengono qui a produrre.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 5/04/05 a cura di Pambianconews