Il settore della moda affascina i giovani che lo vedono come un ambiente che offre molte possibilità di lavoro slegato dalla routine e dalla noia ma che, al contrario, fornisce la possibilità di sviluppare le doti creative (se si hanno), di fare viaggi, di godere di ambienti lussuosi.Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda, chiarisce e amplia alcuni aspetti tipici del settore.
Boselli, ha ancora senso oggi parlare di moda?
Direi assolutamente di sì. Nel senso che noi per eccellenza dell'Italia intendiamo il prêt-à-porter alto che per me è l'essenza della moda perché è un qualcosa sia di un buon livello creativo sia di diffusione democratica, non è, cioè, come i capi unici dell'alta moda. Io credo che l'Italia in questo senso rappresenti un esempio illuminante.
La moda italiana è apprezzata e imitata in tutto il mondo. Ma la moda vive della gloria del passato o è capace di rinnovarsi?
È senz'altro capace di rinnovarsi perché basta vedere, stagione dopo stagione, qual è la ricchezza delle proposte moda dei nostri stilisti per farsi un'idea. Va anche detto che abbiamo più che altro bisogno di innovare gli artefici degli stili. Nel senso che abbiamo avuto una splendida stagione di stilisti che sono quelli ancora oggi protagonisti della moda italiana nel mondo. Ma abbiamo bisogno di avere una seconda linea che tarda a emergere, non tanto perché non abbiamo gente di valore, ma perché oggi emergere è più difficile di ieri in quanto in questo mercato così affollato e competitivo servono risorse maggiori. Lo sforzo della Camera della moda è proprio inteso a aiutare queste nuove leve a formarsi perché di questo nel futuro ci sarà un gran bisogno.
Nel settore moda ogni tanto si sente parlare di crisi. Ma è crisi di idee o di marketing?
È una crisi del sistema che però colpisce in modo molto diverso le varie componenti. Colpisce più i brand piccoli che i grandi, più il manifatturiero a monte che il prodotto finito a valle. Quindi direi che non è tanto una crisi di idee ma è legata a un'esacerbata competitività da parte di paesi extra-europei che non rispettano le regole del gioco.
Estratto da ItaliaOggi del 9/03/05 a cura di Pambianconews