«Da lunedì finalmente anche il Governo sembra essere sceso in campo con noi: era dal 21 ottobre che chiedevamo un incontro. La moda dà un prestigio unico all'Italia nel mondo: non avendo tanti settori come questo, bisognerebbe lucidarne un pezzetto ogni giorno». Paolo Zegna, 49 anni, presidente di Sistema moda Italia, si sente un po' più forte dopo avere aggiunto alle 1000mila firme a difesa della moda raccolte con aziende e sindacati il sostegno del governo.
Presidente Zegna, il Governo ha promesso di aiutarvi ma il risultato dipende da Bruxelles e non da Roma.
Il Governo ha il compito di esercitare una battaglia ad altissimo livello per fare in modo che gli Stati del Nord non si schierino contro l'indicazione obbligatoria d'origine. Sono Paesi che hanno abbandonato la base produttiva, dove la grande distribuzione è forte e acquista in aree a basso costo del lavoro: e non è favorevole a indicare l'origine. In questo momento la priorità è l'etichettatura.
La fine delle quote era prevista da dieci anni. Ma l'allarme è di pochi mesi fa.
II vero problema è la svalutazione di dollaro, renmimbi e yen. A cui si aggiungono la caduta delle barriere, i flussi turistici in crisi e la terribile situazione dei consumi sul mercato interno. Se l'euro fosse sottovalutato del 20-25% rispetto alla quotazione attuale, non saremmo qui a leccarci tante ferite.
Al di là delle cause esterne, forse c'è un problema di solidità del settore?
Ci sono inefficienze, stanchezze, cambi generazionali mal riusciti. È vero. E poi la moda soffre di nanismo: è difficile affrontare certi problemi restando individualisti, pensando a come fare le scarpe all'azienda vicina. Bisogna avere spalle più forti, perciò abbiamo chiesto al Governo di darci strumenti per fare uno più uno uguale due e mezzo. Incentivi all'aggregazione, all'accorpamento. E ci vuole un cambio di mentalità: se poi uno vuole morire da solo…
Estratto da Il Sole 24 Ore del 23/02/05 a cura di Pambianconews