Quando dieci anni fa Franco Pianegonda decise di dare vita a un marchio con il proprio nome, aveva 26 anni e una certa esperienza nel settore orafo da buon vicentino.Circa 30 milioni di euro di fatturato, 680 concessionari in tutto il mondo, 22 monomarca di cui 11 di proprietà in Italia. In controtendenza rispetto al settore, il cui stato di malessere è ora aggravato dall'ingresso della Cina nel settore dell'oreficeria senza marchio, nel quale l'Italia era fortissima.
Allora, qual è il segreto? Da Miami, dove la società ha una sede e l'imprenditore è impegnato nell'ampliamento della rete di vendita per gli Stati Uniti, Pianegonda risponde: «Avere un progetto e sostenerlo con ostinazione, senza lasciarsi schiacciare dal peso del passato, che è meraviglioso ma non permette di cambiare niente. Nemmeno l'orario dei negozi. Qui sono aperti 24 ore su 24, da noi seguono l'orario degli uffici e chiudono quando è arrivato il momento di andare a fare la spesa».
Il sistema del Nordest regge ancora?
«Guardi, il modello Nordest è un grande ricordo del passato. Ha resistito finché si trattava di far muovere le mani, con quell'abnegazione e quella forza di volontà che tutti riconoscono a veneti e friulani, ma oggi che bisogna far muovere la testa, si trova in grandissima difficoltà. Prima abbiamo aggiornato le infrastrutture, strade e mezzi di trasporto, adesso dobbiamo attrezzare le scuole, le aziende, specializzare il personale, avviare corsi di aggiornamento. Forse anche formare una rete di servizi comuni per le aziende più piccole, per metterle in grado di espandersi all'estero con maggior sicurezza».
Che cosa serve per reagire?
«Se ripenso al mio percorso, mi sento di dire che le aziende devono mostrare un'identità forte ed essere ricettive, percepire il mutamento della società e del mercato».
Estratto da CorrierEconomia del 7/02/05 a cura di Pambianconews