L'oro italiano soffre. I dati che arrivano da Vicenza, dove si è appena chiusa la fiera più importante del settore orafo, disegnano uno scenario poco promettente. «La ripresa iniziata tra giugno e agosto 2004, racconta il segretario generale di Federorafi, Stefano de Pascale, si è rivelata un fuoco di paglia. L'autunno si è rimangiato il recupero, chiudendo i primi dieci mesi dell'anno con un calo delle esportazioni del 5% rispetto allo stesso periodo del 2003».
Che fare dunque? «Innanzitutto è di vitale importanza giocare la carta della creatività e dell'innovazione. E soprattutto uscire dall'anonimato, con marchi forti e ben riconoscibili», risponde Massimo Carraro, presidente e amministratore delegato del gruppo Morellato che, anche grazie alle nuove collezioni, nel 2004 ha visto salire il fatturato del 60%, «dopo che nel 2003, precisa Carraro, avevamo chiuso l'esercizio a +50%». Per fortuna, gli esempi di chi fa il salto verso la griffe con bei risultati, cominciano a essere numerosi: dai pionieri Damiani e Pasquale Bruni ai più “giovani” Re Carlo e Giorgio Visconti. O anche, nella scia del lusso accessibile, il marchio Fope della famiglia Cazzola di Vicenza.
«Concedetevi il lusso, dicono in azienda, non è solo il payoff dell'ultima campagna pubblicitaria, ma è il fil rouge che attraversa e lega nel tempo il nostro modo di lavorare fatto di ricerca, innovazione e qualità». La scelta di “uscire dall'anonimato”, la famiglia Cazzola l'ha fatta una decina d'anni fa e oggi conta clienti Fope in tutto il mondo, attraverso 1300 punti vendita e una sede distributiva a New York. Entro quest'anno, poi, conta di portare la quota dell'export sopra il 60% del fatturato.
Estratto da Affari & Finanza del 24/01/05 a cura di Pambianconews