Bancarotta in America? «Un errore di un'agenzia di stampa che ha poi smentito». Vendite in calo? «No, oggi in crescita». Obiettivi per il futuro? «Stabilizzare, incrementare». Cessione del marchio Dockers? «Ci abbiamo provato, ma nessuno ha offerto abbastanza. Quindi lo teniamo, anzi lo abbiamo definitivamente riportato in famiglia». Paul Mason, da un anno Presidente di Levi Strauss Europe, è l'uomo cui sono state affidate le sorti del colosso del jeans, fondato nel 1853 a San Francisco dall'immigrato tedesco Levi Strauss. Un'impresa difficile, visto che da anni la società che tuttora è controllata da discendenti del fondatore, naviga in acque difficili.
«Stiamo riconquistando le fasce alte del mercato, quelle dove il jeans costa dai 75 euro in su, per intenderci dichiara Mason. Oggi abbiamo un prodotto fresco, nuovo, affidabile, che comunque racchiude sempre la tradizione e la competitività estrema del marchio». La “cura Mason” si è inserita in Europa dopo che in America erano già state dismesse tutte le unità produttive di proprietà (attualmente restano un'unità in Turchia, una in Polonia e una in Ungheria, le fabbriche spagnole sono state chiuse, e il resto della produzione è affidato a terzi nei paesi dell'Est). Ed è proseguita con un rivoluzionamento del management, un forte taglio di costi oltreché di teste, e un processo di risanamento del marchi.
In un momento in cui il denim fa la parte del leone nella moda, viene utilizzato da tutte le fasce di età e in tutte le occasioni, Levi's ha anche deciso di incrementare gli investimenti pubblicitari:«Con questa potente campagna per la quale abbiamo incrementato l'investimento del 34%, spiega il Presidente, trainiamo anche il jeans in generale. Andremo su televisione e carta stampata, a seconda dei paesi. Attualmente il mercato asiatico sta andando molto bene, e in Europa è l'Italia uno dei paesi con le migliori performance».
Estratto da Affari & Finanza del 17/01/05 a cura di Pambianconews