In Italia il tessile ha un ruolo importantissimo. Il settore è però in crisi, per ragioni strutturali e congiunturali, e la fine dell'Accordo multifibre rischia di assestare un altro colpo durissimo, con effetti disastrosi sull'occupazione e sul sistema Paese in generale. «La Cina è entrata nella Wto alla fine del 2001 ricorda Michele Tronconi, vicepresidente dell'Associazione tessile italiana e imprenditore del settore, e da quel momento beneficia di accordi sottoscritti da altri, nel rispetto di regole che Pechino non rispetta».
Per queste ragioni Tronconi, vicepresidente anche di Euratex (Europe apparel and textile organization, che riunisce tutte le aziende del settore a livello europeo), ha lavorato a una petizione da presentare a Bruxelles: «Il documento è firmato da tutte le associazioni imprenditoriali, Smi, Ati e Tessilvari, e dai tre sindacati, spiega Tronconi. Nelle prossime settimane raccoglieremo inoltre le firme e le testimonianze di quanti più imprenditori possibili. Il nostro scopo è far comprendere alle autorità dell'Unione europea che il tessile non è un settore in declino. In troppi, specie in Germania e Gran Bretagna, pensano che sia legato alla prima fase dell'industrializzazione di un Paese. Ma, non è vero, come dimostra il caso della Lombardia, la regione italiana dove il tessile impiega più persone e genera maggiore fatturato. E in cui le aziende del nostro settore vivono fianco a fianco con quelle tipicamente più tecnologiche e “avanzate”, come quelle dell'aeronautica».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 5/01/05 a cura di Pambianconews