Che cosa accadrà dal primo gennaio, possiamo già immaginarlo. Con la fine dell'accordo Multifibre il mercato mondiale sarà completamente liberalizzato. E in attesa di verificare l'efficacia delle clausole di salvaguardia previste all'ingresso della Repubblica popolare cinese nel Wto (novembre 2001), le preoccupazioni non fanno che rafforzarsi ed estendersi. La Cina, che attualmente detiene il 17% della quota mondiale dell'abbigliamento, potrebbe arrivare, si stima, al 45% e in Italia, dove ha già raggiunto il 40 a scapito di altri importatori tradizionali, raggiungere quota 80%.
Perse le fasce di mercato più basse, perché non si può competere con un costo orario del lavoro che nella Cina costiera è di 0,7 dollari rispetto ai 15 dell'Italia, si rischia ora anche il collasso del target medio e medio-alto, già falcidiato da una crisi tutta interna della quale tanto si discute, ma per la quale nessuno sa indicare una soluzione. Alla ricerca di possibili interventi «sani e concreti», come li definisce Mario Boselli, si sono mosse la Camera nazionale della moda italiana, nella persona del presidente Boselli, e la Fédération française de la couture, con il suo presidente Didier Grunbach.
Forti dell'accordo con cui anni fa avevano organizzato le proprie fashion week in modo da non sovrapporsi e disturbarsi, Boselli e Grunbach hanno lavorato a un protocollo d'intesa che potremmo definire rivoluzionario e che sarà firmato il 17 gennaio 2005 alla presenza dei ministri del Commercio estero dei due Paesi, il francese François Loos e l'italiano Adolfo Urso. A Boselli è stato affidato addirittura l'incarico di elaborare e curare la stesura definitiva dell'accordo durante il primo incontro a quattro, per verificare quale sarebbe stato il percorso comune. Il risultato è un documento in nove punti che disegna una strategia politica forte e chiara, e la possibilità di indirizzare processi e cambiamenti senza lasciarsene travolgere.
Estratto da CorrierEconomia del 13/12/04 a cura di Pambianconews