Borsa no, cessione sì: Giorgio Armani schizza il futuro del suo gruppo, con la mano ferma del padre-padrone e il pizzico di civetteria dello “splendido settantenne”, costretto, suo malgrado, a pensare alla successione. Giusto per rassicurare il mercato, si affretta a precisare, sottolineando orgogliosamente le buone condizioni di salute della maison in una video-intervista: «Non ho bisogno di denaro, e per questo la quotazione non ha senso. Ma devo pensare al dopo Armani: il mercato ha bisogno di certezze. Non penso alla mia famiglia, piuttosto a un grande gruppo, a cui chiederei di mantenere la squadra attuale: io, certamente, non potrei convivere con nessuno».
Ma al convegno organizzato da Pambianco Strategie di Impresa e Banca Intesa si è parlato di tante altre imprese della moda italiana, che, pur non avendo i numeri dell'impero Armani, nascono dallo stesso ceppo. Sono infatti per lo più aziende familiari, guidate da imprenditori ultrasessantenni: un modello, secondo Carlo Pambianco, che presenta notevoli vantaggi, a cominciare dal forte impegno personale e dalla rapidità decisionale, ma anche molti svantaggi, primo fra tutti il basso tasso di “managerialità”, oltre alle dimensioni spesso ridotte e alla capitalizzazione insufficiente per competere con successo nei mercati mondiali, e cogliere la ripresa, sia pur timida, del settore. «Ci sono segnali interessanti, ha detto l'ad di Banca Intesa, Corrado Passera, ma le aziende devono diventare più forti, più strutturate, più internazionalizzate e sofisticate sul piano del management».
Tutte esigenze a cui la Borsa può rispondere, ha detto Massimo Capuano: sono 125 le società del settore “quotabili”, secondo l'ad di Borsa Italiana, che si aggiungerebbero alle 13 già sul listino, portando un contributo di 10 miliardi alla capitalizzazione del settore. «Si potrebbe pensare a un indice settoriale, ha ipotizzato Capuano, interessante per i capitali esteri». Del resto quello della moda è un settore allenato ad affrontare le crisi e superarle, come ha ricordato il presidente della Camera della Moda, Mario Boselli, rivolgendo però un pressante invito al governo: «Mantenga la promessa di togliere l'Irap». Al viceministro per le Attività produttive, Adolfo Urso, il compito di trarre le conclusioni, annunciando la firma imminente del nuovo accordo bilaterale con la Francia sulla moda.
Estratto da Il Giornale del 10/11/04 a cura di Pambianconews