Il peggio è passato. Almeno così sembra, stando agli ultimi dati congiunturali del sistema moda italiano. Nell'ultima parte del 2004 emergono infatti per la prima volta i primi timidi segnali di ripresa dopo un triennio di calo dei livelli di attività. Il settore dovrebbe chiudere l'anno con una produzione ancora in flessione, limitando però il dato al -0,3%, dopo il -4,5% del 2003 e il -3,3% del 2002. Per il 2005 è previsto un recupero al +0,7%, con un +0,9% nel 2006. Sono queste, secondo Gregorio De Felice, capo economista di Banca Intesa, le stime sul comparto, emerse nel corso di un convegno sulla moda organizzato insieme a Pambianco Strategie di Impresa.
“Le aziende italiane presentano alcuni difetti, tra cui quello delle dimensioni ridotte”, ha detto Carlo Pambianco, “in Francia le prime 25 imprese cumulano il 91% del fatturato totale, in Italia solo il 43%. Il percorso di crescita va accelerato, sia direttamente sia con acquisizioni”. Il problema è anche di uomini, con la scarsa propensione ad assicurare ai manager esterni posizioni di vertice, di età mediamente elevata dei titolari d'impresa e di capitali.
Secondo Massimo Capuano, amministratore delegato di Borsa spa, le società italiane della moda che presentano i requisiti per la quotazione sono 125, di cui 38 con fatturato superiore ai 100 milioni di euro: 65 operano nell'abbigliamento, con fatturato complessivo di 10 miliardi e mol dell'11%, altre 60 operano negli accessori e gioielli, con fatturato di 6 miliardi e mol dell'8%. “L'Europa è l'unica zona in cui le merci possono circolare senza etichetta d'origine”, ha ricordato Paolo Zegna, presidente di Sistema moda Italia.
Video-intervista a Giorgio Armani
Estratto da Mffashion del 10/11/04 a cura di Pambianconews