Con un fatturato nel 2003 di 55 milioni e un trend di crescita del 20%, Cesare Paciotti non è certo stato toccato dalla crisi del calzaturiero.
Ci sono segnali positivi nel distretto calzaturiero o il dato dell'export è ancora insufficiente a ridare ottimismo?
C'è indubbiamente una fase di ripresa, anche se credo che il dato reale delle esportazioni non sia dell'8% ma del 3-4 per cento. Nel distretto le imprese cominciano a riorganizzarsi, stanno rivedendo le loro logiche di produzione.
Che tipo di riorganizzazione stanno affrontando?
Stanno migliorando la pianificazione. Il sistema marchigiano è sempre stato costituito da microaziende familiari non molto abituate a razionalizzare il lavoro. La programmazione è sempre stata difficile. Oggi invece si cerca una migliore pianificazione. E poi è necessario investire di più anche nell'informatizzazione.
Ma la Cina può essere un'opportunità di crescita per le aziende italiane?
Esiste una percentuale di cinesi ricchi potenzialmente interessati ai nostri prodotti. Ma il punto è che la cultura del gusto è molto diversa, per cui è ancora difficile inserirsi in questo mercato, soprattutto per quello che riguarda le produzioni di nicchia. In Cina vendiamo la nostra griffe, ma non i nostri prodotti più belli. Per quelli occorrerà ancora molto tempo.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 12/10/04 a cura di Pambianconews