Sono otto i fondi di private equity scesi in campo per conquistare il gruppo di grande distribuzione Coin, quotato in Piazza Affari, dove capitalizza circa 360 milioni, e controllato dall'omonima famiglia attraverso la FinCoin, con il 61,8% del capitale. E' una partita da oltre 400 milioni, visto che il passaggio di mano farà scattare, per legge, un'offerta pubblica di acquisto obbligatoria. E il costo dell'opa va aggiunto al premio di maggioranza da pagare alla famiglia veneta, che oggi fa un passo indietro dopo la fallimentare avventura in Germania con Kaufhalle.
Il plotone dei pretendenti dimostra quanta liquidità e «fame» di affari ci sia in questo momento sul mercato. Ma la «posta» Coin diventa ancora più interessante, in vista di un possibile matrimonio con La Rinascente. L'idea è tornata d'attualità dopo l'annuncio degli Agnelli di mettere in vendita il 50% di Ifil in Eurofind, la holding di controllo del gruppo Rinascente. L'altra metà è dei francesi di Auchan, che non hanno fatto mistero di essere interessati al solo ramo alimentare.
Il progetto piace ad analisti e banchieri. Un'alleanza tra i due gruppi non solo permetterebbe una riorganizzazione valida di Coin, oggi appesantita dai debiti (330 milioni a fine aprile), ma potrebbe innovare anche il modo di fare shopping in Italia. Il modello? Parigi, ma anche New York, dove nessuno si vergogna di comprare un tailleur griffato da Printemps o da Saks Fifth Avenue. Coin ci ha provato, ma non è riuscito ad avere le licenze di distribuzione del lusso, date in esclusiva ai negozi monomarca o alle boutique. La Rinascente, invece, le licenze ce le ha, in particolare nella moda uomo, avendole conquistate in altri tempi.
Estratto da Corriere della Sera del 13/09/04 a cura di Pambianconews