Le imprese familiari sono un fattore di stabilità e non di crisi del sistema economico, ma hanno bisogno di crescere e di internazionalizzarsi. Può essere utile, quindi, una delocalizzazione mirata, che mantenga nel nostro Paese la componente più pregiata del lavoro, dalla progettazione al marketing. È questa la ricetta di Mario Boselli, neo-presidente dell'Aidaf, per ridare slancio alla formula del capitalismo familiare, messa alle corde non solo da complessi problemi di competitività, ma anche dai nodi della governance e del ricambio generazionale, spesso difficili da sciogliere.
Il capitalismo familiare è indicato da più parti come uno dei fattori che maggiormente hanno contribuito a determinare la crisi del nostro sistema economico. Condivide il giudizio?
Il capitalismo familiare, che preferisco definire come impresa familiare, è una formula in cui l'aspetto finanziario è solo uno strumento per lo sviluppo dell'azienda. Ben diversa è la finanza familiare o, meglio, l'eccesso di finanza, che può portare anche a grandi disastri. Ma questa, per fortuna, è l'eccezione che confermala regola: nell'insieme le aziende di famiglia hanno rappresentato un fattore di stabilità del sistema economico.
Tra i limiti che si contestano al capitalismo familiare ci sono una cronica sottocapitalizzazione e uno scarso coraggio nell'apertura a eventuali soci esterni, per il timore di perdere il controllo del business e societario. Critiche fondate?
Sì, purtroppo, soprattutto in certi distretti ancora un po' chiusi. Del resto, piccolo non è più bello da un sacco di tempo e la globalizzazione dei mercati impone di cambiare strategia. Mi preme sottolineare, però, che il problema non riguarda solo le imprese di famiglia italiane. È un fenomeno generale che merita una riflessione, soprattutto per le imprese che vantano una lunga tradizione.
Quali sono, viceversa, i punti di forza e di attrattività delle imprese familiari?
I fattori fondamentali sono il coinvolgimento totale, nel bene e nel male, la determinazione assoluta che ne deriva e, non ultima, la coerenza d'azione nel lungo termine, in quanto nell'impresa di famiglia è molto più difficile trovare scorciatoie e uscire di scena. Ma forse la risposta più giusta è l'amore per il lavoro, che poi diventa amore per la famiglia.
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 28/06/04 a cura di Pambianconews