Più di metà degli occupati nell'industria lavora nei distretti del made in Itàly, oggi sotto lo scacco della globalizzazione. Una conferma che la struttura manifatturiera italiana è composta dalle imprese “bonsai”. Le quali riescono a ottenere buoni risultati proprio perché lavorano in rete, seguendo la specializzazione per fase produttiva.
Ma come è cambiato lo scenario dopo il 2001? Italo Candoni, segretario del Club dei distretti, non nasconde le preoccupazioni per la concorrenza dei Paesi con basso costo del lavoro (Cina in testa), anche se sottolinea le azioni che molte aree sistema stanno mettendo in campo per reagire alla crisi.
"Non c'è dubbio, osserva Candoni, che il modello distrettuale stia attraversando un momento difficile. La stagnazione prevale in quasi tutte le aree, con punte negative nella moda, nel tessile, nell'occhialeria e nelle lavorazioni orafe. Ci sono però settori in netta controtendenza. Per esempio quello alimentare dove zone come San Daniele del Friuli o le conserve alimentari di Nocera riescono a sviluppare un business che cresce a due cifre. Tra i comparti che cercano strade nuove troviamo le aziende tessili pratesi e quelle del marmo di Verona che cercano anche di attirare un turismo di qualità in grado di sostenere la domanda con acquisti fatti sul posto".
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Sole 24 Ore del 15/06/04 a cura di Pambianconews