Al di là delle parole e delle teorie, la squadra Italia aggiunge un altro tassello al puzzle che sta cercando di costruire sui mercati mondiali. Dopo i tavoli aperti con le Regioni e 53 categorie economiche, da ieri il Ministero delle attività produttive ha avviato un dialogo anche con i distretti industriali attraverso il Club che li riunisce. Non un tavolo formale, di semplice dibattito, ma un patto operativo per cogliere le opportunità migliori ottimizzando lo sforzo.
L'obiettivo è una internazionalizzazione che non significa nè delocalizzazione nè clonazione. Su questo sia il viceministro Adolfo Urso che il presidente del Club dei distretti Paolo Terribile hanno le idee molto chiare. Il distretto è espressione di un territorio e come tale non può essere esportato, quello che deve fare invece è allargare la sua rete per andare a conquistare autorevoli spazi in tutte le isole-mercato del mondo. Il gioco, ovviamente, non può che essere di squadra e subito emergono due esigenze: l'aggregazione fra le imprese, che va ulteriormente stimolata all'interno degli ambiti distrettuali, e una istituzionalizzazione dei distretti stessi attraverso il Club che non è una limitazione burocratica ma uno strumento operativo. A caduta – come ha ricordato Urso – arrivano tutte le altre scelte obbligate, dall'innovazione alla ricerca, dalla necessità di mantenere nel luogo d'origine il controllo della rete distrettuale allo sviluppo di adeguate sinergie. Operativamente tutto ciò si traduce in una stretta collaborazione tra distretti e sistema Italia.
«I distretti – ha detto Urso – potranno trovare tutto il sostegno necessario alle loro politiche di crescita nelle “case Italia” che stiamo aprendo in tutto il mondo, ma soprattutto potranno ottenere finanziamenti dal 50 al 75% per progetti di espansione, studi di fattibilità ed ogni altra iniziativa di internazionalizzazione. Nessuna distribuzione di fondi a pioggia ma interventi mirati e condivisi anche dal punto di vista finanziario. Il distretto è una delle poche armi vincenti della nostra economia sui mercati esteri, ma deve continuare a crescere anche nelle dimensioni perchè solo questa crescita può permettere di investire in ricerca, marketing, promozione e quindi di conquistare competitività».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 04/06/04 a cura di Pambianconews