Quando la prossima settimana, giovedì 10 giugno, Johann Rupert presenterà i risultati dell'esercizio 2003-2004 di Richemont, il magnate sudafricano avrà puntati addosso non solo gli occhi di tutti gli azionisti del secondo gruppo mondiale del lusso (di cui peraltro è il principale azionista). I margini, gli utili e le stime di crescita della società, infatti, quasi passeranno in secondo piano. Perché a catalizzare l'attenzione sarà un nome su tutti, quello del gioielliere parigino più conosciuto nel mondo: Cartier. L'intero settore del lusso attende di sapere quanto la nuova politica dei prezzi «accessibili» abbia ridato smalto a una delle griffe più esclusive. E su Cartier saranno concentrati gli analisti finanziari, per capire in che misura target price, Eps e quant'altro fa finanza, abbiano centrato la scommessa.
La scorsa estate, infatti, Rupert ha deciso di salire di persona sulla plancia di comando, dando il benservito al precedente amministratore delegato Dominique Perrin, colpevole di aver lasciato lievitare i costi e precipitare i margini (l'ultimo esercizio si è chiuso con utili netti in flessione del 22% a quota 642 milioni di euro). «Sono state fatte scelte molto sbagliate», disse Rupert. Su tutte, quella di gonfiare Cartier a livelli di prezzo inaccessibili. Per ridare fiato al proprio «gioiello», Rupert richiamò al suo fianco Franco Cologni dopo quattro anni di buen retiro. Cologni ha accettato la sfida. «Nel 2000 – spiegava qualche mese fa – sotto l'imperativo di una crescita sempre e comunque a due cifre, Cartier fece l'errore di imporre solo prodotti super esclusivi ». Un errore grave. Nei tempi (si apriva il biennio peggiore per il lusso) e nelle prospettive. Cologni ha voluto nuovi prodotti e nuovi listini, per tornare «al lusso accessibile, abbinato a una continua innovazione».
Lo stesso Cologni aveva indicato nei risultati annuali 2004 la prima vera cartina di tornasole. Le vendite sono aumentate del 6% a parità perimetro. Ora, si attendono i dati di bottom line, divisione per divisione. Nel frattempo, a indicare quanto sia delicato l'attuale fase di riposizionamento, sono arrivate direttive precise agli uffici comunciazione del gruppo, cui è stato imposto l'assoluto silenzio sui prezzi. Perciò, si gioca sulla fiducia. Citigroup ci ha creduto: ieri ha promosso Richemont da sell a buy, con un balzo del target price da 28,3 a 38,9 franchi svizzeri. Un balzo: +31 per cento. Un regalo? Per Goldman Sachs e Morgan Stanley, Richemont era da tempo tra le top-picks. Entrambi scommettevano su Cartier. Come Rupert. Chi gli è vicino dice che il prossimo 10 giugno sarà una bella giornata.
Estratto da Finanza&Mercati del 3/06/04 a cura di Pambianconews