L'Italia ha portato meno prodotti all'estero per due anni consecutivi. Il 2002-2003 sono stati due anni bui come non accadeva da mezzo secolo in qua, dagli anni '50. Ma non è un affare che riguarda solo gli industriali che esportano. Ne ha risentito tutta l'Azienda Italia: il Pil, che misura la ricchezza prodotta, solo per questo ha perso terreno per 0,9 punti.
A fare i conti in tasca al Made in Italy è la Banca d'Italia che dedica al commercio estero uno degli studi allegati alla relazione del governatore Antonio Fazio. La concorrenza cinese è diventata più pressante. La quota di importazioni dal Sol Levante aumenta e diventa insidiosa proprio nei settori in cui l' Italia è tradizionalmente più forte come borse e abbigliamento, in pratica settori che caratterizzano la moda italiana. Ma non solo: il 60% dei giochi importati in Italia sono Made in Cina.
Ad aggravare la già critica situazione è poi intervenuta la scarsa volontà degli industriali italiani di innovare i propri prodotti, rendendoli più appetibili al mercato. Bankitalia constata infatti “la scarsa partecipazione dei produttori italiani all'offerta di prodotti ad alto contenuto tecnologico, verso cui si indirizza una quota crescente della domanda internazionale”.
Non manca neanche un riferimento alla difficile situazione dell'import. Nel 2003 le importazioni di beni e servizi sono diminuite dello 0,6% a prezzi costanti, dopo il più lieve calo del 2002. Ma questo non vale per la Cina. Fra il 1992 ed il 2003 – osserva lo studio contenuto nella relazione di Fazio – il paese orientale ha più che raddoppiato la sua quota sulle importazioni italiane in valore dall'1,4 al 3,7% del totale. Solo negli ultimi due anni l'incremento è stato di 0,9 punti percentuali.
Estratto da Ansa.it del 1/06/04 a cura di Pambianconews