«Se l'anno prossimo le quote sul tessile salteranno come previsto dagli accordi internazionali, per i Paesi emergenti sarà una sciagura perché nessuno sarà in grado di competere con la Cina». Russell Shen non ha dubbi: rimuovere dall'oggi al domani l'accordo multifibre sarebbe una follia perché ucciderebbe il mercato tessile mondiale. Per questo motivo i Paesi ricchi, Stati Uniti in testa, dovrebbero sforzarsi per trovare al più presto una soluzione politica per ammortizzare l'impatto della rimozione del sistema delle quote. Shen è un imprenditore taiwanese che conosce bene il settore tessile e la globalizzazione. Con 10mila dipendenti sparsi per il mondo, una serie di fabbriche in Cina, Giordania, Indonesia e Cambogia, un portatafoglio clienti con nomi del calibro di Walmart, Gap e Penny, la sua azienda, che si chiama Ty Fashion International, è una delle principali operatrici di outsourcing di abbigliamento di tutta l'Asia.
«I Paesi poveri hanno bisogno come l'acqua dell'industria tessile perché quest'ultima è ciò che tiene in vita le loro economie, osserva Shen. Basti pensare che in Indonesia il reddito di circa 100 milioni di persone, ovvero di circa la metà della popolazione, è generato direttamente o indirettamente dall'attività tessile-abbigliamento. Tanti altri Paesi del Sud-Est asiatico, africani e sudamericani si trovano in questa stessa situazione. è evidente che, se per una ragione qualsiasi, questi Paesi dovessero essere messi fuori mercato, piomberebbero in una crisi drammatica che potrebbe avere pesanti ripercussioni sul piano sociale».
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 26/03/04 a cura di Pambianconews