Il settore è molto cambiato negli ultimi anni. La Camera ha ancora un senso?
«Secondo alcuni bisognerebbe dare vita a un'organizzazione unica che comprenda noi e Sistema moda Italia, l'attuale Federtessile. Ma il tipo di associato è diverso e gli iscritti della Camera avrebbero poco da dire agli associati dello Smf. Che per statuto, qualora ci siano le condizioni, ha l'obbligo di iscrizione. Noi invece applichiamo un criterio di discrezionalità: il nostro articolo 5 stabilisce che dobbiamo rappresentare l'eccellenza dello stile della moda italiana e difenderne gli alti valori. Spesso diciamo no e respingiamo il 50% delle richieste».
Allora è questa la migliore organizzazione possibile?
«Noi non siamo come i francesi, dove Parigi comprende l'intera realtà della couture. Abbiamo tradizioni oggettive e articolate: l'alta moda a Roma, le fiere di qualità a Firenze, il prét-à-porter a Milano. Non si può cancellare tutto. L'abbiamo spiegato anche all'onorevole Daniela Santanché, che ha organizzato una riunione esplorativa tra tutte le componenti interessate. Quello che a noi serve non è l'omologazione, ma una definizione precisa delle competenze e un coordinamento migliore».
Ma a lei sembra che il tessile-abbigliamento, secondo settore industriale italiano, riesca a esercitare l'influenza che merita sull'economia e la politica del nostro Paese?
«No, perché è frazionato in 100 mila imprese. Un numero reale, non un modo di dire, e questo diventa una discriminante secondo il cinico ragionamento dei governanti che a volte sono insensibili al vero interesse della nazione. Pensando soltanto all'immagine, per loro è mediaticamente utile intervenire se la Fiat minaccia di allontanare 3 mila operi. Mentre la somma dei piccoli numeri del tessile non vale uno grande».
C'entra il fatto che la moda milanese non abbia mai avuto contiguità con la politica?
«è vero, è stato un valore ma adesso si sta rivelando una debolezza. Basta vedere come si è rinvigorita l'alta moda romana, che può contare su un finanziamento misto pubblico/privato e che è seguita con molto slancio dalla Regione Lazio e dalla Camera di commercio. Infatti io penso che anche la Regione Lombardia dovrebbe interessarsi di più della moda e che, con la Camera di commercio, dovrebbe contribuire alle nostre iniziative».
è una prospettiva di lavoro, questa. Allora, ha deciso di ricandidarsi?
«Dentro o fuori dalla Camera, la moda è il mondo professionale. E quello di cui vado più orgoglioso è aver avviato la Città della moda sull'area Garibaldi. Verrà inaugurata nel 2009, e di una cosa sono certo: non sarò io il presidente che taglierà quel nastro. Prima non so».
Estratto da CorrierEconomia del 22/03/04 a cura di Pambianconews