Archiviato il 2003 in flessione rispetto all'anno precedente, il tessile di alta gamma guarda al 2004 con «cauto ottimismo»: questa l'opinione di Paolo Zegna, nella duplice veste di presidente di Ideabiella, manifestazione del settore che si tiene in questi giorni a Cernobbio, e di amministratore delegato, con il cugino Gildo, della Ermenegildo Zegna. L'appuntamento annuale di Villa Erba è l'occasione per fare il punto sul tessile: vi partecipano oltre 60 aziende, tra cui Agnona, Carlo Barbera, Cerruti, Fila, Larusmiani, Loro Piana, Marzotto, Piacenza e, appunto, Zegna. Come ogni anno è stata condotta un'indagine tra i partecipanti all'esposizione sull'andamento del settore. Spiega Paolo Zegna: «Per il secondo anno consecutivo, il tessile maschile di alta gamma ha chiuso con segno negativo: il fatturato complessivo è sceso dai 1.940 milioni del 2002 ai 1.825 milioni del 2003. Si tratta di un calo del 5,93% ma, a confronto con l'andamento dell'intero settore, a noi è andata meglio. E c'è un altro dato confortante: i numeri consuntivi del 2003 segnalano un calo del fatturato complessivo inferiore a quello dell'export».
II tessile-abbigliamento è un comparto molto importante dell'economia italiana: il fatturato totale raggiunge i 45 miliardi di euro. Inoltre, in controtendenza rispetto ad altri settori, il saldo commerciale è rimasto attivo, anche dopo due anni davvero difficili, intorno a 12,5 miliardi di euro. «Non dimentichiamo poi l'aspetto occupazionale, dice ancora Zegna. Con quasi un milione di addetti, per non parlare dell'indotto, il tessile resta il settore più numeroso dopo quello metalmeccanico. Credo che dovrà e potrà continuare a esserlo mantenendo alta sia la capacità di innovazione, sia la qualità in tutte le fasi del processo produttivo». Il riferimento è chiaramente alla Cina, alla concorrenza dell'Asia in generale e alla questione tanto dibattuta ultimamente del made in Italy.
Paolo Zegna sul problema Cina ha pochi dubbi: esiste, nel senso che «i cinesi utilizzano ormai le nostre stesse materie prime, macchinari e a volte assumono anche tecnici italiani, che magari sono già in pensione ma si recano nel Paese per formare i dipendenti delle fabbriche locali». La soluzione però non passa attraverso misure protezionistiche, «sarebbero un ritorno al passato». Occorre invece, conclude l'imprenditore (Zegna è stato il primo marchio italiano a sbarcare in Cina, nel 1991) «rimboccarsi le maniche e continuare a puntare sulla formazione dei nostri giovani, per tramandare una tradizione artigianale e di qualità industriale che nessuno può improvvisare in pochi anni».
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 2/03/04 a cura di Pambianconews