Gilmar, azienda romagnola di abbigliamento (marchio Iceberg), gira là boa della ristrutturazione e si prepara sia al passaggio di generazione sia all'ingresso di nuovi partner. Il gruppo, che fa capo alla famiglia Gerani, è stato, infatti, riorganizzato, i diversi asset sono stati separati, anche con l'obiettivo di arrivare a una maggiore trasparenza. Sono state create due holding di controllo, a cascata, una in Italia e l'altra in Lussemburgo, mentre sono tre le #'gambe'' su cui si regge l'attività: alla prima fanno capo la proprietà e la gestione dei marchi, la seconda controlla l'attività industriale, la terza si occupa della distribuzione. Il 2003 è il primo anno in cui si cominciano a vedere i risultati di questa #'rivoluzione'', introdotta da Manlio Cocchini, amministratore delegato di Gilmar, approdato tre anni fa alla moda dopo aver lavorato per trent'anni nel gruppo farmaceutico Angelini. Il bilancio si chiuderà con un fatturato di 96 milioni e un margine operativo (Ebitda) pari al 7,2%; l'indebitamento è leggermente sceso dai 33,5 milioni del 2002 a meno di 31 mentre i mezzi propri hanno superato i 31 milioni del 2002. Per quest'anno, invece, le previsioni indicano un aumento dei ricavi a 103-104 milioni con un Ebitda del 9,5-10 per cento.
«Il mercato, spiega Cocchini non è più asfittico, ma non cresce». Questo però ha anche dei lati positivi: per Cocchini «è finito l'approccio drogato. Ora si sta rivivendo una fase di offerta» e così Gilmar, da tempo a caccia di acquisizioni, pensa di riuscire a mettere a segno un'operazione a prezzi realistici. Primo obiettivo, spiega l'amministratore delegato, è «guardare agli accessori (scarpe e borse in particolare) ma ci interessano anche aziende di abbigliamento che facciano sinergia con noi». Poi aggiunge: «L'altra via di sviluppo passa attraverso il retail: stiamo aprendo negozi in franchising in Russia, un mercato esploso, per noi il secondo in Europa. Abbiamo firmato un accordo con il gruppo Bosco dei ciliegi, che ha rilevato gli storici magazzini Gum sulla Piazza rossa. Poi abbiamo aperto a Lione e andremo a Sidney». E la Cina? «Bisogna continuare a osservarla con molta attenzione. Oggi è un mercato più di investimento che di raccolta».
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 2/03/04 a cura di Pambianconews