Quello che è un loro tipico modo di operare si vede alle fiere. Dove per giorni non si vende niente; poi, proprio quando l'aereo del ritorno sta per partire e la voglia di rivedere casa non si regge più, ecco che l'acquirente si fa vivo e così si finisce per fare tutto in fretta e furia. «Ti prendono per stanchezza, racconta un imprenditore. Tu pensi a quello che mangerai a casa e …». E loro fanno l'affare così come l'avevano progettato fin dall'inizio. I «loro» in questione sono i cinesi, partner tanto desiderati quando concorrenti temuti. La Cina, in tutte le sue sfaccettature politico-economiche, è l'argomento più discusso del momento, dopo un lungo periodo di «disattenzione» da parte italiana.
«Non c'è dubbio che le aziende debbano arrivare qui» dice Antonino Laspina, direttore dell'ufficio Ice di Pechino. E chi sceglierà di non esserci? «Deve sapere che nel medio termine sarà danneggiato sui mercati che oggi presidia: perché chi sarà presente, con i profitti realizzati in Cina, potrà attaccare meglio i mercati che oggi sono tenuti da altri. Inoltre, c'è il rischio che il consumatore cinese si fidelizzi ai marchi locali, così com'era avvenuto per l'Italia trent'anni fa e ha poi costituito una barriera per chi ha voltuto entrarci».
Posto che i cinesi sono sì formali ma soprattutto pragmatici e che gli elementi decisivi per fare affari sono avere un buon prodotto e un buon servizio, può essere utile conoscere alcune regole sul loro modo di fare business. «L'etichetta orientale resiste ed è molto forte, conferma il direttore dell'Ice, e anche tra gli imprenditori italiani sta crescendo la consapevolezza della sua importanza».
Estratto da CorrierEconomia del 1/03/04 a cura di Pambianconews