Se avessero la sfera di cristallo, gli imprenditori della moda e del tessile sarebbero, a seconda delle inclinazioni e delle disponibilità personali, in barca, a coltivare i fiori, a fare sport o in giro per il mondo a tentare di godersi la vita. Almeno così dicono. Perché oggi sembra proprio che solo la sfera di cristallo possa aiutare a districarsi tra 1) abiti che arrivano dalla Cina a un prezzo inferiore al costo del tessuto che serve per confezionarli; 2) una moneta, l'euro, che rende troppo cari prodotti che sono già costosi di loro perché più belli, di miglior qualità, più innovativi o, semplicemente, di marca nota; 3) la peggior crisi che il settore ricordi; 4) un'incertezza che non accenna a diminuire; 5) una Unione europea con interessi contrapposti; 6) aziende che hanno dosato male la finanza e si sono strutturate su costi insostenibili. E poi, come se tutto questo non bastasse, è arrivata anche Parmalat…
«Che cosa non ha contato Parmalat nella nostra immagine all'estero…», riconosce Sergio Loro Piana, signore del made in Italy di alta gamma che pur in questa situazione così complessa dichiara di continuare a crescere. Non è l'unico a dirlo, naturalmente. «Non resta che il made in Italy, dice Vittorio Giulini, presidente di Sistema moda Italia, l'associazione confindustriale del settore. è l'unico modello sul quale il nostro Paese può puntare». D'altra parte, il solo tessile-abbigliamento conta 700 mila addetti che, come ricorda Rossano Soldini, presidente dei calzaturieri italiani, salgono a 3,2 milioni se si comprende tutto ciò che va sotto il nome di made in Italy. Occupati che sono anche consumatori (oltre che elettori) dei quali non si può certo fare a meno in un momento cosi.
E per capire il futuro, si analizzano i modelli di successo. Il mese scorso Sistema moda Italia ha riunito a porte chiuse un centinaio imprenditori per capire chi è che ce la fa. «E abbiamo visto, dice Giulini, che i modelli sono i più svariati. La formula non potrà più essere quella del solo made in Italy o solo delocalizzazione. Dipende: dipende da chi si è e da cosa si fa».
Estratto da CorrierEconomia del 23/02/04 a cura di Pambianconews