Il super-euro e la concorrenza soprattutto dalla Cina. Anche i produttori del settore «tessuto per abbigliamento» non hanno dubbi: il «pericolo giallo» e il cambio svantaggioso, per l'export in area dollaro, sono le concause della crisi che dalla primavera del 2000 sta colpendo il comparto tessile-moda italiano, da oggi a mercoledì presente a Fiera Milano per l'appuntamento primavera-estate di Moda in.
I numeri della crisi. « è un momento estremamente difficile, interviene Tito Burgi, presidente dell'Ati (Associazione tessile italiana). Il 2003 si è chiuso peggio del 2002 e le prime settimane di quest'anno non hanno portato avvisaglie di ripresa, né in fatto di ordini, né in fatto di sell out». Le cifre confermano. «Complessivamente nel 2003 fanno sapere dall'ufficio studi dell'Ati, la produzione italiana di tessuto di cotone ha registrato un calo di fatturato del 5,6% rispetto all'anno precedente, da 3.600 a 3.400 milioni di euro, e sono diminuite anche le importazioni, che nello stesso periodo di riferimento sono passate da 975 a 890 milioni di euro (-8,7%), mentre è risultato sostanzialmente stazionario l'export (+0,8%), per un importo pari a 2.500 milioni di euro». Le cose sono andate invece meglio per il lino, una produzione limitata a 425 milioni di fatturato 2003, con piccolo balzo in avanti, passando da un +6,3% di fatturato rispetto al 2002 e aumentando l'export del 10,9%, a quota 245 milioni rispetto all'anno precedente.
«Sul piano internazionale continuiamo a soffrire la concorrenza di Paesi come India, Pakistan, Malesia e Turchia che tuttavia hanno costi e volumi di produzione tendenzialmente in linea con i nostri, rimarca Burgi, è invece la Cina ad essere riuscita nel giro di pochi anni a mettere a segno i maggiori progressi tecnologici, migliorando parecchio la qualità e la quantità di tessuto prodotto, per non parlare dei costi di energia elettrica e finanziari, nettamente più vantaggiosi rispetto ai nostri».
La crisi non si è fatta sentire solo nell'area dollaro: se il calo delle vendite dei tessuti «made in Italy» è stato particolarmente pesante sul mercato Usa, dove si è ridotto nel giro di un anno del 23,9%, le cose sono andate meno peggio sul fronte esportazioni in Giappone (-18,7%) e Unione europea (-11,8%). Complessivamente i settori in sofferenza si sono rivelati seta e lana mentre tengono cotone e altre fibre.
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Sole 24 Ore del 9/02/04 a cura di Pambianconews