In Italia «si fa veramente fatica a far capire che cosa sta succedendo», dice Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison ed esperto di quei distretti che hanno rappresentato finora la forza dell'industria italiana. Il punto di partenza è l'intervista a Edoardo Miroglio («Non illudiamoci, il nostro tessile sparirà»), pubblicata sull'ultimo numero di Corriere Economia. Un intervento, quello dell'imprenditore di Alba, che ha provocato molte reazioni: chi ne condivide l'analisi, chi non ne apprezza invece la «resa». Di certo, la preoccupazione per quello che sta accadendo è alta. Per Fortis il punto centrale è «la disattenzione di chi sarebbe preposto a occuparsi di queste tematiche. Il problema della competizione cinese, per esempio, viene presentato come la competizione a settori decotti. Ma questi settori cosiddetti decotti, dall'oreficeria alla rubinetteria, dalle piastrelle all'arredo-casa, alla moda, rappresentano il 75% della nostra industria. Se non ci rendiamo conto del grosso rischio che questo significa per il Paese… Purtroppo, a parte la questione dei dazi, non c'è stata finora una riflessione seria ma solo uno scontro ideologico».
Da tempo gli imprenditori puntano il dito sulla politica, pur riconoscendo l'impegno del viceministro delle Attività produttive Adolfo Urso. Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda, per esempio è lapidario: «Il disinteresse della politica è drammatico». Gaetano Marzotto, presidente di Pitti Immagine, dice che «lo slogan è che le tasche sono vuote. Il presidente del Consiglio Berlusconi (che la scorsa settimana ha incontrato gli stilisti dell'alta moda romana, ndr) ha detto che questo è un settore prioritario, ora abbiamo chiesto un incontro al ministro Tremonti, speriamo…». «Effettivamente c'è un'assenza, dice anche, da un altro fronte, Valeria Fedeli, segretario del sindacato dei tessili europei. Ma perché Miroglio, anziché evitare di assumersi la responsabilità della sua funzione di impresa rispetto al territorio e ai lavoratori, non scende in campo per chiedere all'Europa e al governo le cose che servono?».
Risponde il viceministro Urso: «Che il made in Italy sia un priorità lo si può vedere nella Finanziaria, dove sono state aumentate le risorse per la tutela e per combattere la contraffazione. Ai primi di marzo aprirò a Pechino e Shanghai i primi uffici legali per assistere gli italiani nel deposito dei brevetti. Assistiamo le associazioni di categoria nelle azioni antidumping. Abbiamo creato un fondo aggiuntivo di 40 milioni di euro per le piccole e medie imprese in Cina. E abbiamo programmato un anno di promozione straordinaria, che si aprirà in marzo, sulla Cina, con 300 grandi eventi. Tra l'altro, in questo contesto è prevista anche la missione in Cina del Capo dello Stato Ciampi». Urso annuncia, poi, che «è stato raggiunto l'accordo della maggioranza dei Paesi membri della Ue» sull'obbligo della stampigliatura del Paese d'origine: Si sta andando verso l'obbligo dell'indicazione per i prodotti importati nell'Unione europea e la facoltà di indicare il marchio nazionale per quelli prodotti nella Ue».
Estratto da CorrierEconomia del 2/2/04 a cura di Pambianconews