Con un 2004 che si è aperto all'insegna del dollaro debole e, a detta di tutti gli studiosi della materia vedrà ancora abbassare le quotazioni rispetto all'euro, che ne sarà della moda e del lusso made in Italy? E' vero che dopo lo scoppio della bolla della net economy, ci dobbiamo aspettare quello della moda? A sentire gli analisti, la situazione è difficile, ma non così disastrosa. «II Giappone è un mercato maturo anche nella moda e nel lusso. Il fattore vincente è la brand awareness che si basa su tre leve: prodotto innovativo, competenza produttiva e servizio al cliente», dice in proposito un report di Merrill Lynch: A oggi, nell'impero del Sol Levante i marchi più forti sono Vuitton, Hermes, Chanel, Gucci e Burberry. Oltre a Gucci, i gruppi italiani che si piazzano nella rosa dei primi dieci per notorietà, sono Armani, Prada, Ferragamo e Bulgari. Fatti i debiti calcoli, la banca d'affari ha stabilito che «in termini di contribuzione, a livello di Ebit margin, il mercato nipponico pesa circa il 47 per cento sulla redditività complessiva del gruppo Vuitton, circa il 20 per Hermes, mentre in Gucci la percentuale è del 9».
In compenso la #'carta'' Cina, se giocata bene, può dare grandi soddisfazioni al made in Italy. Tanto più che, come dimostra una ricerca sulle opportunità che arrivano dall'Impero Celeste, firmata da Carlo Pambianco, esperto di moda & lusso, le griffe storiche del nostro Paese sono ancora uno status symbol. Lo stesso vale per la Russia, che sta diventando un cliente formidabile dei marchi made in ltaly.
Diverso il discorso per quanto riguarda l'Europa, l'altro mercato che secondo gli analisti andrebbe curato dai nostri modaioli per compensare la diminuzione delle vendite in quel degli Stati Uniti. Di fatto, nel Vecchio Continente i consumatori del lusso e ella moda in generale, guardano sempre più al rapporto prezzo/qualità più che al made in, o alla griffe. Questo, tra l' altro, spiega il successo di tante catene straniere, come Zara o H&M, che stanno dando del filo da torcere ai nostri marchi storici, puntando sul forte contenuto moda delle collezioni e sulla velocità con cui riescono a produrle e metterle in vetrina. Resta che gli ultimi report hanno mostrato come nel 2003, anche Zara abbia avuto un rallentamento nella crescita delle vendite e degli utili. Segno che i clienti della moda sono molto volubili.
Vedi tabella che segue
Estratto da Affari & Finanza del 12/01/04 a cura di Pambianconews