Uno dei casi più eclatanti dell'ultimo periodo è la Bag Spa, titolare del marchio Nero Giardini, la cui crescita (+50% lo scorso anno, +25% nel primo semestre 2003, un pronostico di superare i 30 milioni nel 2005), risulta ancora più significativa poiché avviene in quel distretto marchigiano della calzatura che vive un momento di grande difficoltà. L'azienda era una delle tante realtà calzaturiere che producevano su licenza e vedevano alle grandi catene, sino a quando, negli anni '90, il titolare Enrico Bracalente ha deciso di puntare sul marchio proprio, Nero Giardini appunto. «Ho subito creato una rete vendita capillare, ho strutturato la produzione in modo da abbattere il più possibile i costi fissi, con macchinari ad alta tecnologia. Oggi il mio prodotto arriva al pubblico a un prezzo di 10, 20 euro inferiore rispetto ad aziende che producono in Romania e crea utili più che soddisfacenti». «Noi italiani dobbiamo imparare a vendere. L'esempio di Geox è illuminante per capire qualche valore ha la strategia commerciale».
Proprio su questa hanno battuto due brand nati dal pronto moda, Pinko e Patrizia Pepe, ormai assurti a griffe medie: merce che arriva settimanalmente in negozio, una rete di punti vendita propri ma assistenza massima ai multibrand. Dice Pietro Negra, mente commerciale di Pinko dai tempi in cui vendeva il suo pronto moda al Center Gross di Bologna, arrivato alla soglia dei 60 milioni di euro con una pianificazione finanziaria rigorosa, aprendo negozi senza indebitarsi grazie all'alternanza tra zone centrali e periferiche: «Determinante, oltre al design dei capi, è il rapporto con il negoziante, che per noi diventa una partnership in piena regola: lo assistiamo sul visual, sulla vetrina, sostituiamo subito la merce che non funziona. Inoltre, diamo la certezza di un prezzo etico».
Patrizia Pepe aggredisce un mercato estero solo dopo aver aperto una sede propria: «In Germania, questo controllo diretto ci ha consentito di raddoppiare il fatturato», spiega Claudio Orrea, marito della designer Patrizia Bambi che segue lo sviluppo commerciale del marchio e guarda, in prospettiva 2005, al mercato statunitense. Anche per lui, arrivato ai 51 milioni di euro, la variabile della crescita dipende dal rafforzamento del marchio e dalla capacità di conciliare originalità del design, servizio, costi: «Siamo sempre molto cauti, gestiamo ogni campagna con attenzione sperando di non vendere troppo, altrimenti non saremmo in grado di fronteggiare l'incremento produttivo. E non facciamo passi più lunghi del consentito: i negozi a insegna Pepe sono 16 in totale, il resto della distribuzione avviene al 95% in multibrand. Con un sell out altissimo, il 90% della merce esce dal negozio».
Estratto da CorrierEconomia del 22/12/03 a cura di Pambianconews