Richemont torna a scommettere sulla creatività e sulle qualità artigiane dell'oreficeria. E per farlo sceglie Milano, dove ha dato vita al Master of arts for design per formare quelli che potranno diventare i futuri designer dei propri marchi (da Vacheron Costantin a Dunhill fino a Cartier). A spingere a un «innovativo» ritorno alle origini il colosso mondiale della gioielleria, è stato Franco Cologni, attualmente numero uno in Italia della società. E numero due a livello mondiale, secondo solo al patron di Richemont, Johann Rupert, che qualche mese fa lo ha richiamato al proprio fianco dopo quattro anni di distacco.
Rupert si era accorto che qualcosa non funzionava ed è ricorso ai consigli dell'uomo che, negli anni precedenti, aveva fatto grande Cartier. Cologni ha imposto una netta inversione di rotta alle strategie del marchio di gioielli, appoggiando le nuove strategie di accentramento e razionalizzazione dei costi di Rupert. E già i conti semestrali arrivati a metà novembre hanno mostrato segni di risveglio. Ora Cologni sta spingendo Rupert a giocare una partita ancora più «originale». In un periodo in cui i marchi del lusso si concentrano su strategie industriali e finanziarie, Cologni ha convinto Richemont a lanciare, assieme alla «sua» Fondazione delle arti e dei mestieri, la Creative Academy.
«Per poter riacquistare identità, spiega Cologni, i marchi del lusso devono sapere tornare alla bottega rinascimentale, al luogo creativo degli antichi artigiani». Un progetto che ha trovato l'appoggio delle università milanesi, e di più di un nome importante della cultura cittadina. I venti ragazzi ammessi al master (due solo gli italiani) avranno 11 mesi per apprendere le tecniche di una volta. E per mettersi in luce. «Perché il mondo del lusso, sottolinea Cologni, ha smesso di cercare talenti capaci di fare della creatività un segno distintivo». Un chiaro segnale, e un messaggio, per Milano. Firmato, Mr Cartier.
Estratto da Finanza&Mercati del 16/12/03 a cura di Pambianconews