I modelli industriali di successo sono «in presa diretta con il passato culturale dei Paesi in cui si sviluppano. Una sorta di Dna accumulato nei secoli e che determina certi tipi di comportamento». Parte da questo presupposto il ragionamento che Vittorio Giulini, presidente di Sistema moda Italia, svolgerà oggi a Roma in Confindustria al convegno su ‘’Mecenatismo e imprenditorialità’’, organizzato nell'ambito della Settimana della cultura d'impresa. La conseguenza è che «si deve andare al di là del mecenatismo. Il bene culturale deve essere vissuto».
In che senso?
Oggi l'Italia ha un proprio modello autonomo, insieme industriale e post-industriale:quello di filiera.
E cosa c'entra il bene culturale con il concetto di filiera?
Umberto Eco ha detto che quando si viaggia negli Stati Uniti, anche per centinaia di miglia,
si osserva un paesaggio sostanzialmente uguale. Nel nostro Paese, il paesaggio invece cambia in ogni momento. Le città anche. L'occhio non può non posarsi su parti di quel patrimonio d'arte e di cultura senza uguali al mondo che possediamo. Una continua ‘’esposizione’’ al bello, al gusto, all'armonia. Si capisce allora come il made in Italy sia un modello con un altissimo contenuto di design, di senso estetico.
Allora, una cravatta o un paio di scarpe di un certo tipo si possono realizzare solo in Italia?
Lo stesso prodotto può essere fatto ovunque. Se, però, il consumatore è educato al bello, perché riceve una continua offerta in tal senso, l'oggetto pensato e realizzato in un simile contesto ha cultura una marcia in più.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 26/11/03 a cura di Pambianconews