La crisi della moda, senza se e senza ma. «Penso che ci siano varie crisi, una dentro l'altra, sostiene Franca Sozzani, direttore responsabile di Vogue Italia e direttore editoriale della Condé Nast Italia. In un certo senso, siamo abituati alla sottovalutazione. Intanto, c'è una crisi di rigetto dopo anni in cui la moda è stata pubblicizzata, esaltata, urlata eliminando così ogni senso di esclusività e rarità. Tutto è fotografato, ripreso su Internet, scaraventato in televisione, mezzo del quale gli stilisti vanno pazzi, in una confusione assoluta di stagioni e di luoghi, che finiscono per togliere ogni senso dell'attesa e della novità. Poi c'è una crisi di sistema: massificazione per massificazione, si è aperta la strada a gruppi enormi, che massificano a prezzi bassi togliendo ai marchi medi ogni possibilità di farsi strada».
Le catene della grande distribuzione, Mango, H&M, Zara, sono tanto pericolose? «Direi che sono fortissime perché hanno tagliato i prezzi e aumentato la velocità di uscita. Un mese e mezzo dopo le sfilate, vedi già in circolazione tutte le novità di stagione. Arrabbiarsi è sterile, le cose vanno così e servono a fare capire che sta mutando il sistema. Come negli anni '90, quando è cambiato il modo di vestirsi e dal tailleur si è passati a un look disinvolto, svelto, fatto di piccoli pezzi mescolati. A questa dichiarazione di indipendenza, oggi possiamo aggiungere: non soltanto mi vesto come voglio, ma a un prezzo minore e una velocità maggiore».
In questo rivolgimento generale, il sistema moda dell'Italia sembra perdere colpi rispetto alla Francia. «Il sistema oggi è globale, quindi sposterei il ragionamento su altri termini: l'innalzamento generale del livello. A un punto tale che ha abbassato il livello dei grandi. Idee ora ce ne sono dappertutto. Non occorre andare in Francia a cercarle, come accadeva tempo fa. Aggiungerei anche che, a volte, se per ipotesi togliessimo il nome, non sapremmo nemmeno più a chi appartengono, e dove siamo. Ormai è soltanto il nome che determina se una collezione è vincente o perdente».
Lanciare nuovi marchi, adesso, è un'impresa non soltanto difficile ma costosissima. Per questo si cerca di riportare in vita i vecchi? «In teoria, ci sono maggiori probabilità di riuscita rispetto a uno nuovo. Ma l'operazione si è rivelata impossibile finché è ancora in vita l'icona che ne porta il nome. Vedi il caso di Saint Laurent e Givenchy. Mentre invece è più che soddisfacente l'operazione Dior, che si è rivelata un'autentica rivoluzione».
Estratto da CorrierEconomia del 24/11/03 a cura di Pambianconews