I l gusto dei compratori russi sta cambiando. Si affina, si perfeziona, diventa più attento. «Il gusto milanese è diventato il parametro per capire cosa piace oggi al consumatore russo: una moda eclettica, fatta non solo di grossi marchi ma di buona qualità. Dopo l'ubriacatura da griffe degli anni '90, si apre ora un grande spazio per il prodotto italiano in senso lato», dice Constantin Andricopoulos, responsabile marketing di Bosco Ciliegi, il gruppo che con i suoi 38 negozi sparsi per la Russia tiene il polso del mercato. Che l'abbigliamento italiano sia destinato a giocare un ruolo saliente nella nuova federazione russa lo si evince non solo dal +6,7% registrato nell'ultimo anno dall'export di moda verso Mosca e dintorni, ma anche dall'attitudine dei buyer locali, che in un'indagine svolta da Ice identificano nell'altissima qualità, oltre che nel design, il valore aggiunto del made in Italy.
«Guardando la sfilata di Alessandro De Benedetti, avrei comprato tutto», commenta Hilmi Hamwie, luxury brands director di un'altra holding distributiva, Jamilco, accorso con altri 300 invitati al defilé (sei griffe italiane, tra cui il giovane stilista), organizzato a palazzo Konstantinovsky in occasione delle celebrazioni per il trecentesimo della città di San Pietroburgo, con la collaborazione di Ice e del ministero per le Attività Produttive. Le aziende non stanno a guardare, in cerca come sono di sbocchi di mercato. Per esempio Csp, il gruppo quotato in Borsa che produce calze, dopo aver stretto una joint-venture con un distributore di Mosca, sta valutando l'idea di avviare uno stabilimento sul posto. E particolarmente attive sono le aziende del calzaturiero, capeggiate da uno dei protagonisti più dinamici dello scenario russo, Antonio Brotini, titolare della Pakerson, che ha appena siglato un contratto con lo stilista russo Valentin Yudashkin per la produzione di borse e calzature destinate al mercato locale: «Siamo soddisfatti, visto che tre dei nostri negozi avevano già finito la merce a ottobre e ci hanno chiesto di riassortire. Stiamo valutando la Russia anche dal punto di vista produttivo, ma un problema forte sono i costi doganali: attualmente, il 30% sulla produzione».
Qualcuno, per tagliare la testa al toro, ha deciso di insediarsi in loco e produrre solo per il mercato russo. è il caso di Walter Cassetta, marchigiano, che dall'Italia controlla i flussi logistici ma la sua fabbrica l'ha impiantata a San Pietroburgo: 280 dipendenti, capitale interamente italiano, 12 negozi a marchio Mia Donna che lavorano a pieno ritmo, con un prezzo medio intorno ai 4 mila rubli (circa 130 euro). Uno dei primi ad aver capito che la consumatrice russa è maturata, che «non vuole solo un paio di stivali da 300 dollari ma preferisce averne tre che costino un pò meno. Per ora, non ho concorrenti, producendo qui nemmeno i cinesi mi spaventano. Perciò, ho in cantiere un progetto per linee da uomo e da bambino, che darà lavoro a 3 mila persone».
Estratto da CorrierEconomia del 24/11/03 a cura di Pambianconews