«Per la moda italiana ripresa rimandata al 2005, dopo un profondo riassetto che lascierà sul terreno morti e feriti». è la previsione di Gregorio De Felice, capo economista di Banca Intesa, emersa nel corso del convegno organizzato dalla banca milanese e Pambianco Strategie di Impresa, in cui il settore si è interrogato sui nuovi scenari che attendono il made in Italy.
La vera ripresa, perciò, è oltre l'orizzonte?
La produzione italiana chiuderà con un calo attorno al 2% nel 2003. Nel 2004 i recuperi saranno inferiori al mezzo punto percentuale. In più, l'export è in ribasso dall'ultimo quarto del 2002. Non solo, a riprova di una pericolosa fragilità, sono in caduta libera le quote di mercato e la redditività. Se anche queste voci rialzassero la testa dal 2004, resterebbero sempre lontane dai livelli dei primi anni Novanta.
Non aiuta l'attuale risveglio congiunturale?
Per la moda italiana c'è oggi un unico potenziale motore, quello della locomotiva Usa, alimentata dalle politiche reflazionistiche di Washington. Il problema è che il nostro export continua a peggiorare, anche verso l'America. Inoltre, finiti gli incentivi di Bush, anche i consumi Usa potrebbero rallentare. è anche colpa dell'euro, ma questa sensibilità alla valuta è un altro indice di fragilità.
Il riassetto per il settore è inevitabile, quindi?
Tra il 2004 e il 2005 saranno numerose le delocalizzazioni, le razionalizzazioni delle linee produttive e le vittime della selezione. Si va verso un sistema più flessibile. Qualcosa di simile a quanto tentato dal sistema bancario.
Estratto da Borsa&Finanza del 8/11/03 a cura di Pambianconews