Ricca tavola rotonda al convegno organizzato da Pambianco Strategie di Impresa e Banca Intesa. Seduti accanto a Franca Sozzani, direttrice di «Vogue Italia», c'erano alcuni protagonisti della moda e del lusso made in Italy: Patrizio Bertelli, Renzo Rosso, Giovanni Burani, Umberto Angeloni (Brioni), Giuseppe Miroglio dell'omonimo gruppo piemontese e Claudio Orrea (ad di Patrizia Pepe). Senza contare la breve ma significativa apparizione in videoconferenza da Firenze di Domenico De Sole, ex numero uno di Gucci. Assenti, invece, i rappresentanti degli spagnoli Zara e Mango e di H&M (svedese), catene di abbigliamento sbarcate da poco in Italia. Non ci sono, naturalmente, perché non hanno nulla a che vedere con il made in Italy, eppure vengono continuamente evocate.
Prezzi bassi, vasto assortimento, decine di collezioni all'anno, negozi nei centri storici delle più importanti città del mondo. C'è chi li definisce marchi di #'moda a basso costo''; chi crede siano un fenomeno passeggero; chi invece pensa siano l'unica autentica novità nel panorama della moda europea. Una minaccia per i marchi storici, in altre parole, suggerisce Franca Sozzani. Non è così, però secondo Bertelli, Rosso, Angeloni e Orrea, e non sembra una difesa d'ufficio dei rispettivi prodotti. Per il fondatore di Diesel, Zara e H&M non esisterebbero se non ci fossero i brand da cui copiare. Il numero uno di Prada è ancora più esplicito: «Zara dovrebbe pagare royalties alle ditte di cui rifà il prodotto, compresa la nostra».
Inevitabile, Giovanni Burani in tema di concorrenza sleale, parlare della Cina: secondo il manager toscano per avere successo in presenza di nuovi concorrenti non servono protezionismi, perché «la cosa fondamentale è dedicarsi al prodotto e conoscere il mercato», che è «libero e basta: non si può tornare indietro». Anche sulla crisi del settore, Bertelli si discosta dalle opinioni più pessimiste, e diffuse: «Non facciamo drammi. Dal 1900 in avanti ci sono state tante crisi, la storia insegna che dopo una fase negativa ne viene una di espansione». Bertelli ha poi ricordato i dati di previsione del bilancio 2003: «Il fatturato dovrebbe essere in linea con quello dello scorso anno, un risultato operativo lordo di 200 milioni di euro e un utile netto di 50 milioni, in crescita del 45% rispetto al risultato del 2002. Ma soprattutto l'indebitamento scenderà a 650 milioni di euro dai 900 di fine 2002» .
Per quanto riguarda Zara e H&M, il presidente di Brioni non si sente minacciato: «Queste catene sono come bancarelle al coperto. La nostra clientela maschile non le prenderà neanche in considerazione, le donne forse si toglieranno uno sfizio, come a volte si fa quando si gira per i mercatini rionali». Interessante il caso Patrizia Pepe: a parlare del marchio toscano è l'amministratore delegato Claudio Orrea. Nel 2003 il fatturato sarà di 50 milioni di euro, in crescita del 20% rispetto al 2002. «Puntiamo a incuriosire e soddisfare le consumatrici: sforniamo collezioni nuove ogni 15 gironi e più un capo è particolare, meno esemplari ne produciamo. Perché crediamo che lusso non voglia dire solo qualità, ma anche esclusività».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 7/11/03 a cura di Pambianconews