Domani sera, a New York, verranno premiati come migliori stilisti dell'anno dal Fashion Group International. Uno, Domenico Dolce, ha 45 anni. L'altro, Stefano Gabbana, ne compie 41 il mese prossimo. Sono sulla scena da vent'anni. Chiamarli i «giovani» della moda è un paradosso. «Eppure siamo stati gli ultimi italiani a emergere, dice Gabbana. Poi si è innescato un meccanismo strano: quando nell'84 abbiamo presentato la prima collezione, la sfida era sui vestiti. Adesso i vestiti vengono dopo, prima ci sono i soldi e il potere. Se li hai, fai strada».
Sennò? «Sennò non ne fai. Noi ci siamo sempre autoprodotti. Armani è un altro indipendente, ma siamo animali in via di estinzione. Adesso gli stilisti vengono comprati dai grandi gruppi. Ed è una fregatura, perché le aziende ti danno i soldi, ma puntano al guadagno immediato, non lasciano ai giovani il tempo di crescere. è come pretendere che un bambino a tre anni sappia già leggere e scrivere. Come fa uno stilista, in un paio di stagioni, a produrre utili? Quando noi abbiamo cominciato, ci ha dato una mano la famiglia di Domenico. Non avevamo contratti, non avevamo nulla da perdere, pensavamo solo ai vestiti ed è stata la nostra fortuna».
All'estero? «è la stessa cosa. Se non hai qualcuno dietro, non fai niente. Prendiamo Alexander McQueen: lui è un grosso creativo, però è stato comprato. E lo stesso Galliano: comprato, anche se non del tutto. La cosa migliore invece è fare un passo per volta, non avere fretta, radicarsi nel mercato. Mi piacerebbe scrivere un libro per spiegarlo ai giovani e dire che la possibilità di arrivare, malgrado tutto, c'è, però bisogna crederci tanto, anche quando prendi sberle».
Estratto da Corriere della Sera del 29/10/03 a cura di Pambianconews