Per Marco Franchini la storia si ripete. «Mi sembra di essere in Gucci, fatte le dovute differenze. Anche lì c'era un'azienda con un grande nome da ristrutturare e portare al successo senza mai dubitare del risultato, come ci ha insegnato Domenico De Sole». Un passato di tutto rispetto, che ha visto le scarpe Bally diffondersi anche in luoghi allora esotici come Alessandria, Costantinopoli, Beirut, l'America del Sud, un presente di promesse che stentavano a decollare, questa azienda ha finora richiesto, secondo fonti non ufficiali ma vicine all'azienda, 250 milioni di dollari per la ristrutturazione.
In attivo si prevede di tornare soltanto nel 2004, «ma gli azionisti sono molto soddisfatti di come stanno andando le cose, sottolinea Marco Franchini. Un anno fa avremmo potuto parlare soltanto di intenzioni, idee, ipotesi. Oggi abbiamo i risultati. La collezione attualmente in boutique è la prima disegnata e concepita secondo un nuovo progetto di stile e di marketing e ci sta dando soddisfazioni straordinarie: siamo a +37%, una performance eccezionale. La Texas Pacific Group ha sempre creduto in questa azienda e oggi ne è più che mai convinta perché il piano triennale di investimenti sta funzionando anche meglio del previsto».
«Cambiare gradualmente, tenendo conto che le fasce di clienti potenziali sono due: i giovani, che amano gli spunti di moda, e i clienti fedeli di un tempo, ai quali bisogna dare altre motivazioni per tornare da noi», prosegue il manager.
Puntuale è proseguito il programma delle aperture di boutiques, secondo il modello già sperimentato a Berlino e a Lugano. Soltanto nel corso di quest'anno sono state inaugurate a Beverly Hills e a New York Madison Avenue, Hong Kong e Monaco. Per potenziare la produzione è stato aperto in Toscana un laboratorio per lo sviluppo e l'interazione con i produttori, mentre ad Ancona, dove c'è una manodopera esperta, è stata avviata una piccola azienda per l'abbigliamento.
Estratto da CorrierEconomia del 27/10/03 a cura di Pambianconews