«Il nuovo lusso non più esibitivo, ma fatto di piccoli momenti e piccoli piaceri per sé? Uff, per favore. Almeno per il pr�t-à-porter, l'esibizione conta, eccome. Madame, chi spende, anche per un pr�t-à-porter di grandissima qualità come il nostro, molto vicino alla haute couture, con le finiture interne in seta e tutto il resto, le due C di Chanel vuole vederle, e vuole soprattutto che si vedano. Nella haute couture, naturalmente, il discorso cambia: ma in quel caso si sta parlando di pezzi unici, e anche�di pensiero e di richieste uniche». Ma secondo Françoise Montenay, pdg di Chanel non bisogna neanche credere, come vorrebbe una certa vulgata modaiola, che il lusso esibito sia ormai diventato patrimonio dei consumatori di nuovo accesso, come russi o cinesi.
Qualche calcolo, qualche indiscrezione stima che il margine lordo del gruppo sia superiore al 9% e che il giro d'affari sia colossale, considerato che il 65-70% del totale sarebbe attribuibile a cosmetici e profumi (e Chanel numero 5, secondo una fonte di settore consultata da MFFashion, dovrebbe essere ancora il profumo femminile più venduto al mondo). Ma ottenere una dichiarazione ufficiale è impossibile. Madame Montenay rilascia qualche dichiarazione se le aggrada, se lo trova utile o, si ha l'impressione, almeno divertente. Pratica, solidissima, due figlie, Montenay sembra davvero lontana anni luce dalle ultime provocazioni del mondo della moda italiano, a partire dalla richiesta di un diritto di proprietà intellettuale, insomma di royalties, anche per il settore fashion sollevata da Domenico Dolce e Stefano Gabbana.
A cura di Pambianconews