All'interno del made in Italy moda e lusso (abbigliamento, accessori, pelletteria, e via di seguito) sono i settori nei quali a partire dal '98 l'intervento del private equity è andato via via crescendo. Secondo uno studio condotto da Pambianco Strategie di Impresa su un totale di 751 operazioni di M&A, 87, pari a circa l'11%, hanno visto l'intervento di un fondo di private equity. Il fenomeno è partito dal '98 per proseguire nel 1999 raggiungendo il suo massimo nel 2000 quando in un clima di grande euforia le aziende italiane del lusso hanno iniziato a sprovincializzarsi, puntando alla dimensione globale e quindi chi non aveva fondi propri a fatto ricorso all'esterno.
«C'è stata la corsa all'acquisizioni di marchi e alla diversificazione di prodotto, precisa Carlo Pambianco, presidente di Pambianco Strategie di Impresa, (Prada ha iniziato a fare i profumi e gli occhiali, Armani le scarpe) per raggiungere economie di scala, aumentare il business, il fatturato e quindi gli utili. Poi è iniziata la fase del raffreddamento ma il principio di fondo di allora non è cambiato e ancora oggi l'imperativo è essere in un mercato globale». Se la presenza dei fondi di private equity è ancora limitata, in un momento di ripensamento del settore e soprattutto di forte ridimensionamento di certe valutazioni per Pambianco è molto probabile che in futuro si assisterà a una crescita dei fondi di private equity che rappresentano la terza via tra i finanziamenti bancari e quotazione in Borsa.
«Alcune aziende di fronte alla concorrenza asiatica, aggiunge Pambianco, possono intraprendere un'unica via: abbandonare la fascia media e puntare alla fascia alta. Ma per fare questo c'è bisogno di investimenti, di cultura e di una strategia a medio-lungo termine».
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Estratto da Plus – Il Sole 24 Ore del 18/10/03 a cura di Pambianconews