Difendere il made in Italy, mantenere la leadership nei settori della moda e del lusso, assicurarsi margini di crescita nei mercati emergenti. Nonostante la congiuntura mondiale negativa, la concorrenza dalla Cina e di altri Paesi asiatici, o l'indebolimento prolungato del dollaro. Obiettivi ineccepibili. Ma come raggiungerli? Anche senza l'aiuto delle istituzioni, le aziende della moda e del lusso non restano a guardare, aspettando tempi migliori o provvidenziali interventi esterni. Come dimostra l'analisi di Pambianco M&A sulle fusioni e acquisizioni del terzo trimestre 2003, che registra 45 operazioni, contro le 33 dello stesso periodo del 2002, pari a una crescita del 36%. Anche a livello complessivo (9 mesi) il trend è positivo: 140 operazioni contro le 133 del 2002 (+5%). I numeri, da soli, dicono poco. Chi ha comprato chi? Un dato salta all'occhio: mancano i grandi nomi impegnati ad assorbire e rilanciare i marchi acquistati negli anni scorsi.
«It Holding si sta occupando di Ferré e Malo, Gucci di Yves Saint Laurent, Marzotto di Valentino, Lvmh di Fendi, Prada di Jil Sander e Church», sottolinea Carlo Pambianco, presidente di Pambianco Strategie di impresa. Il processo di concentrazione continua, ci dicono i dati, ma si è spostato dai grandi gruppi alle medie imprese. «Del resto, ricorda ancora Pambianco, grandi marchi sul mercato non ce ne sono più. In molti si chiedono se e quando Trussardi o Krizia prenderanno decisioni in questo senso, ma non sono cose che succederanno nel breve periodo. Poi, certo, c'è Giorgio Armami, un marchio che, idealmente, fa gola a tutti, ma non appare probabile alcun cambiamento nell'assetto proprietario in un prossimo futuro».
L'altro dato interessante dell'indagine è il numero di operazioni #'Italia su Italia'', che dimostra, una volta di più, quanto, anche in tempo di crisi, il settore mantenga una sorta di coraggiosa vitalità e fiducia nel futuro. Negli ultimi 5 anni sono state realizzate 656 operazioni. «Di queste, fa notare Pambianco, 225 (pari al 34%) sono state Italia su Italia, 101 (15%) Italia su estero, 46 (7%) estero su Italia, 284 (44%) estero su estero. Le aziende del nostro Paese, in altre parole, da sole, hanno realizzato metà delle fusioni e acquisizioni avvenute a livello mondiale».
Un'ultima considerazione meritano le strategie di diversificazione, ricorda Pambianco. «Gestire un grande marchio è sempre più costoso, spiega, in termini di pubblicità e marketing. Per questo si cerca di sfruttarlo. Ma non sempre è semplice: a volte si cercano settori troppo lontani o si scelgono partner sbagliati. Ma resto convinto, conclude, che se Giorgio Armani, per intenderci, decidesse di firmare un albergo a New York, i clienti, anche solo per curiosità, non mancherebbero mai».
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 10/10/03 a cura di Pambianconews