Da Matera a Lexington Avenue. Dal distretto della Murgia a Manhattan. La storia dei divani Nicoletti somiglia a quella degli emigranti italiani d'inizio secolo, che varcavano l'Oceano su transatlantici diretti verso l'affascinante «sogno americano». Se fra due settimane l'amministratore delegato Eustachio Nicoletti potrà esporre i gioielli di famiglia alla prestigiosa fiera di High Point, nel Nord Carolina, lo deve all'ostinazione e alla determinazione del padre Giuseppe, che nel 1997 è tornato sul mercato d'Oltreoceano nonostante il fallimento della prima esperienza, quella iniziata a Los Angeles insieme a un iraniano rivelatosi tutto fuorché un socio d'affari puntuale nei pagamenti.
Oggi, la cura dei dettagli, l'innovazione tecnologica e la valorizzazione del made in Italy rappresentano i cavalli di battaglia di un gruppo sempre più cosmopolita, almeno nelle vendite, che per l'85%, nel 2002, sono state realizzate all'estero, soprattutto in Inghilterra (28%) e in terra d'America (25 per cento). Un classico per le aziende del distretto della Murgia, caratterizzate da un forte orientamento alle esportazioni e ben rappresentate dal triangolo del divano (il gigante Natuzzi, Calia e proprio Nicoletti) che assorbe il 55 per cento del valore della produzione e il 65 per cento dell'occupazione del distretto.
Cercare gli show room Nicoletti sparsi in giro per il mondo equivale a sfogliare le pagine di un atlante: Auckland, Singapore, Parigi, passando per le ultime conquiste, il Sudafrica e l'Australia.
E se le gallery statunitensi rappresentano il simbolo di un passato fatto di sacrifici, delusioni e soddisfazioni, il primo negozio monomarca, inaugurato il giugno scorso a Bari (nei prossimi mesi arriveranno a Milano, Potenza, Treviso e Taranto), rappresenta il futuro. Che, nonostante la lunga ombra di Pechino (Natuzzi ne sa qualcosa), potrebbe riservare piacevoli sorprese all'impresa guidata da Eustachio Nicoletti. «I cinesi sono diventati i primi player del mercato americano con il 29,3%, racconta l'amministratore delegato, competere sui prezzi è inutile, meglio sfidarli sul campo dell'innovazione e dei nuovi modelli: ne abbiamo sfornati 50 nell'ultimo anno». Se non dovesse bastare, si partirà con la riorganizzazione produttiva, per contenere i costi sulla filiera, e con il miglioramento della distribuzione, dove i cinesi lasciano ancora a desiderare. E se tutti i tasselli andranno al posto giusto, l'anno prossimo l'amministratore delegato potrebbe festeggiare il suo trentaduesimo compleanno con l'ingresso a Piazza Affari. Dalla bottega di Matera alla Borsa di Milano. Seduto su un comodo divano Nicoletti.
Estratto da Finanza&Mercati del 2/10/03 a cura di Pambianconews