In questi giorni Patrizio Bertelli è completamente assorto dalla settimana della moda, ma appena si sarà chiusa l'importante vetrina di sfilate e vernissage, l'amministratore delegato di Prada è pronto a tenere fede all'ultima delle promesse fatte al mercato. Sì, perché ora che il gruppo ha ristrutturato e sensibilmente ridotto il proprio indebitamento, l'unica questione che resta da definire in vista dell'Ipo è l'acquisto del marchio Miu Miu. La linea giovane che prende il nome dalla stilista Miuccia Prada è infatti l'unico brand non di proprietà della Prada Holding Nv, la finanziaria olandese che dovrebbe sbarcare sul mercato a partire dal luglio 2004. La holding, oltre al marchio Prada, possiede infatti la titolarità di brand come Church's, Helmut Lange, Azzedine Alaia, Jil Sander, Car Shoe e Genny, ma non ancora quello di Miu Miu.
La decisione è già stata presa, manca solo la definizione del prezzo: considerando che nel 2002 i ricavi di Miu Miu sono ammontati a 115 milioni, è ragionevole pensare che l'entità dell'operazione non sarà inferiore a 1,5 volte il fatturato (cira 170 milioni). Una cifra che del resto verrebbe ammortizzata in pochi anni: nel 2002 Prada Holding ha infatti pagato a Miu Miu 7,8 milioni di royalty per l'uso del marchio. A differenza di altre griffe, come Tod's, che ha utilizzato i proventi del collocamento per ricomprarsi i marchi Hogan e Fay (circa 150 milioni in tutto), la maison di Bertelli vorrebbe approdare in Borsa con la titolarità piena dei vari brand, per destinare alla crescita la liquidità proveniente dall'Ipo. Prada, dunque, entro dicembre non solo punta a riportarsi a casa i marchi, ma conta anche di ridurre il debito a quota 500 milioni (al 31 dicembre 2002 erano 948 milioni) ovvero un rapporto debiti/capitale (680 milioni) di 0,7 volte.
Se agli effetti combinati della ristrutturazione si aggiunge il fatto che nonostante Sars e guerra in Irak, il gruppo sta andando meglio di molte altre concorrenti, ben si comprende la soddisfazione di Bertelli alla luce, anche, del fatto che gli ordini relativi alle collezioni autunno/inverno 2003 sono aumentati del 20% rispetto al 2002. Pertanto, a fine dicembre Prada dovrebbe riuscire a centrare l'obiettivo di un mol pari a 200 milioni. Ma anche a livello di utile operativo le attese sono positive: Prada, infatti, sostiene molte spese in dollari, sicché se la forza dell'euro penalizza i ricavi, l'effetto valuta si traduce invece in vantaggio quando l'analisi si sposta sui margini.
Vedi tabella che segue
Estratto da Finanza&Mercati del 2/10/03 a cura di Pambianconews