Finalmente si parla di ripresa. L'autunno prepara il terreno a un 2004 di crescita. Gli ordini della moda sono di nuovo in aumento, dopo due anni terribili. La Camera della moda è certa dell'inversione di tendenza negli ultimi mesi dell'anno, al punto da prevedere un calo dei ricavi limitato all'1,5 per cento. Un successo di questi tempi, soprattutto dopo un primo semestre disastroso. I frutti della ripresa arriveranno nella prima metà dell'anno prossimo, quando il giro d'affari della moda (tessile, abbigliamento, calzature e pelletteria) aumenterà del 3-3,5 per cento.
La ventata di ottimismo arriva alla vigilia delle sfilate di prét-à-porter femminile dal presidente della Camera della moda, Mario Boselli. «Quattro mesi buoni non compensano gli altri otto negativi. Perciò la ripresa dovrebbe prendere vigore e svilupparsi l'anno prossimo. I portafogli ordini delle aziende si sono mossi, aumenta di nuovo il prezzo delle materie prime e ci sono tensioni lungo la filiera, perché tutti avevano ridotto all'osso le giacenze. Tutti segnali che annunciano un recupero, insieme al venir meno dei motivi di sfiducia che ci hanno colpito dall'11 settembre in poi». La ripresa è trascinata dagli Stati Uniti, il Giappone va bene e anche l'Europa si sta risvegliando: «Perfino la Germania, che è il nostro primo mercato ed è in calo da anni, dà segni di miglioramento. Le grandi aree, aggiunge Boselli, vanno e i nuovi mercati, soprattutto Est europeo e Cina, sono molto promettenti».
«In un momento di crisi, spiega Boselli, si è accentuato il ricorso ai produttori stranieri ma adesso questa tendenza sta rallentando. è ovvio che la delocalizzazione è un processo che continuerà nel futuro: in Italia ci sono produzioni non più difendibili in termini di competitività». Il mercato promette bene ma i problemi di fondo rimangono. Primo fra tutti, la Cina. Boselli denuncia le scorrettezze della concorrenza cinese: «Hanno un aiuto all'export del 17%, come succedeva in Italia trent'anni fa e una fiscalità molto più bassa della nostra. Inoltre, le aziende che falliscono possono riprendere l'attività ottenendo finanziamenti a tasso zero dalle stesse banche creditrici». Secondo Boselli, i dazi sono una strada impraticabile, piuttosto bisognerebbe agire con una seria politica europea contro il dumping ambientale e quello sociale. «è un argomento, sottolinea, su cui si può ottenere anche il consenso dei Paesi del Nord».
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 24/09/03 a cura di Pambianconews