«Se il tuo vicino ti chiede di dargli da mangiare, non farlo. Insegnagli a pescare». A Vicenza questo vecchio adagio cinese ha lasciato il segno, in oro e gemme. «Sono loro il vero Nord-Est, altro che storie: siamo andati a vendergli i nostri prodotti; poi, per aprirci nuovi sbocchi, gli abbiamo spiegato come si fabbricavano e gli abbiamo mandato anche i macchinari, con tanto di istruzioni e istruttori. Ora loro non solo hanno imparato, ma ci hanno anche surclassato nella mentalità: hanno lo spirito vincente, che da noi si è un po' smarrito. Hanno inventiva e sanno organizzarsi. Insomma, prima erano “solo” tanti, adesso sono anche più bravi di noi».
Lo sfogo di un industriale, dopo la chiusura della ventinovesima edizione di «Orogemma» alla Fiera di Vicenza, la dice lunga su chi siano loro e su come venga ormai vissuta, non solo nelle province più operose d'Italia, la «minaccia cinese».
Un rischio esploso in piena estate quando si è capito che l'effetto della Sars, la polmonite atipica che ha colpito molti paesi asiatici, stava svanendo. Si è cominciato allora a parlare di dazi e si sono fatti più pressanti, anche perché lanciati da esponenti di governo, gli allarmi sul fatto che la Cina copia di brutto il made in Italy e ribattezzando contee e villaggi dell'impero di mezzo con i nomi di Florence, Rome o Italy, ci inonda di prodotti identici ai nostri e con tanto di etichette, appunto, made in Italy o made in Florence. Con la differenza che il prezzo è decisamente più basso e quindi più competitivo perché a Pechino e dintorni la manodopera costa decisamente meno.
Ma diamo un'occhiata ai numeri: Hong Kong è il quarto espositore di gioielli del mondo; per contro l'Italia è il secondo esportatore di gioielleria nell'ex colonia britannica, alla quale fornisce il 21% del suo fabbisogno. L'export verso Hong Kong rappresenta il 5,2% dell'oreficeria made in Italy nel mondo e la merce, dalla Cina, viene riesportata in Giappone, in altri mercati asiatici e negli Stati Uniti, da 2.265 aziende operanti nell'import-export di preziosi. Bei numeri, ma eccone altri: nel primo semestre 2003 le vendite fuori confine dell'industria orafa italiana sono cadute del 35 per cento. E da una tabella diffusa al termine della Fiera (quella ufficiale) leggiamo il seguente bollettino di guerra: Stati Uniti -49%, Germania -40%, Spagna -30%, Canada -27%, Messico -39%, Francia -19%. Vuoi vedere che Marco Polo faceva bene a starsene a casa?
Estratto da Finanza&Mercati del 18/09/03 a cura di Pambianconews