I numeri non lasciano scampo. Export a -35% nel primo semestre dell'anno, con picco negativo negli Usa, che hanno tagliato gli acquisti del 49% pur rimanendo il miglior cliente. Per l'oreficeria italiana la stagione è decisamente nera ed Orogemma, il salone internazionale che si apre domani alla Fiera di Vicenza, diventa un momento chiave di verifica. Non che il settore non sapesse a cosa andava incontro. Da anni c'erano segnali preoccupanti dell'avanzata sui mercati dei nuovi produttori: Turchia, Cina, Thailandia, Messico, Israele.
La prima flessione dell'export risale a due anni fa -5,6%. Nel 2002 la caduta s'è fermata all'8%. Tappava la falla l'exploit positivo del 2000 con un +23%, ma quest'anno il settore è andato in caduta libera. Con gli Usa crollano i mercati di Germania (-40%), Spagna (-30%), Canada (-27%), Messico (-39%), Francia (-19%). Già lo scorso anno l'oreficeria aveva perso due posizioni collocandosi al nono posto nella graduatoria dell'export italiano, quest'anno andrà decisamente peggio.
«Il problema lo conosciamo bene, spiega Alessandro Biffi, presidente di Federorafi non siamo più competitivi ed i nostri concorrenti stanno facendo passi da gigante sui fronti della varietà e della qualità dell'offerta. Per recuperare dobbiamo puntare sulla valorizzazione del made in Italy come elemento di valore aggiunto e sulla conquista di potere contrattuale attraverso il controllo di quella parte della filiera che ci sfugge completamente: la distribuzione».
«Si può delocalizzare la quantità, non la qualità, precisa Giorgio Costa, neopresidente degli orafi di Assindustria Vicenza, e nella nostra produzione c'è ancora tanta manualità». II tutto, comunque, cercando alleanze più che guerre sante, ammonisce Costa riferendosi alla polemica scoppiata in sede locale sulla decisione di Fiera Vicenza di assegnare ad Hong Kong, e quindi all'agguerrito concorrente cinese, un intero padiglione di 1500 metri quadrati con 75 stand.
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 6/09/03 a cura di Pambianconews