La forza d'urto dei prodotti made in China sta diventando difficile da sostenere per le piccole e medie aziende manifatturiere americane, e un'ondata di protezionismo attraversa gli Stati Uniti. Messi nell'angolo da importazioni sempre più competitive, gli imprenditori domandano sollievo allo zio Sam. Se alcuni invocano addirittura l'arma delle quote, altri chiedono invece che abbia almeno fine l'innaturale sottovalutazione della valuta cinese. Per il momento il Governo degli Stati Uniti sta alla larga dal delicato dibattito: da un lato Pechino è un importane delle partner nella Wto nonchè un enorme mercato, a sua volta, per le imprese a stelle e strisce. Dall'altro lato il fronte anti-Cina non è compatto perchè le multinazionali, che hanno trasferito molti impianti nel grande Paese, si trovano su posizioni diverse rispetto ai piccoli produttori.
Giovedì scorso i produttori tessili hanno domandato a Washington di imporre #'misure di salvaguardia'' su alcune categorie di merci cinesi. «Un modo educato, è lo sferzante commento del Wall Street Journal, per dire quote all'import». I produttori chiedono al Governo di usare la clausola che si è garantito durante i negoziati per l'accesso della Cina nella Wto: quando nel 2005 il sistema mondiale delle quote al tessile andrà in soffitta, gli Usa potranno imporre misure di salvaguardia per impedire #'danni materiali'' all'industria domestica. Apocalittiche le proiezioni pubblicate dall'American Texile Manifacturers Insitute: se non viene fermata, la Cina avrà in breve il controllo del 75% del mercato americano.
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 30/07/03 a cura di Pambianconews