Jeffrey Swartz, è presidente e amministratore delegato del colosso Timberland che esporta scarpe in mezzo mondo fatturando oltre un miliardo di dollari l'anno.
II primo mercato straniero dove vi è riuscita un'invasione in grande stile è quello italiano. Perché?
«Il nostro merito è stato quello di presentarci senza arroganza e di sfruttare, attraverso il franchising, il vostro savoir faire. Ma il vero artefice di questo successo è tutto italiano. E' stato l'imprenditore bolognese Giuseppe Veronesi a convincerci dell'esistenza di un potenziale mercato in casa vostra. All'epoca, nella seconda metà degli anni Settanta, in Italia c'erano le scarpe da ufficio e quelle sportive. Ecco, Veronesi ha intuito l'esistenza di uno spazio per le scarpe da tempo libero e ha creato un settore in cui altri, come Diego Della Valle, si sono poi inseriti in maniera brillante».
In Italia dopo il boom degli anni Ottanta c'è stato un periodo difficile dal quale siete pero usciti indenni. Come avete fatto?
«I nostri boot, gli scarponcini alti, erano diventati la calzatura ufficiale di una certa generazione, quella che indossava anche i piumini. Se quasi tutti i marchi di quella stagione sono scomparsi e noi siamo ancora qui ci sono due motivi. Primo, abbiamo ampliato i cataloghi: all'epoca puntavamo tutto su non più di quattro modelli di scarpa; oggi ne produciamo almeno sedici a stagione. Secondo, abbiamo diversificato: alla fine degli anni Settanta il 90 per cento del nostro giro d'affari italiano era fatto di calzature; oggi giacconi, camicie e felpe fanno il 50 per cento del business».
Dove stanno i vostri stabilimenti produttivi?
«I boot li facciamo nei Caraibi, dove lavorano circa 3 mila persone, che peraltro utilizzano anche macchinari italiani. Poi abbiamo altre fabbriche negli Stati Uniti e in Asia. L'abbigliamento maschile viene prodotto sempre ai Caraibi e in Estremo Oriente; quello femminile è invece tutto concentrato in Italia, dove lavoriamo in collaborazione con una fabbrica di Bologna».
Estratto da L'Espresso del 18/07/03 a cura di Pambianconews