A dare ragione a Ferruccio Ferragamo, quando dice che la crisi della moda sta cambiando le abitudini dei consumatori, c'è uno studio di Pambianco Strategie di Impresa condotto attraverso focus group e interviste a Milano, Parigi, Londra New York, Tokio e Hong Kong, tra l'ottobre 2002 e l'aprile 2003. Tra i risultati dell'indagine viene fuori con evidenza che c'è stata una riduzione della spesa nei diversi settori della moda , in modo più sensibile nell'abbigliamento. Con punte massime di contrazione nella fascia 30-40 anni, tradizionale motore economico della moda in generale e zoccolo duro dei brand del fashion. Si osserva una minore contrazione sulle élite dei brand del lusso , nella fascia degli over 50. Mentre i giovani tra i 18 e 25 anni, tendono a comprare marchi più innovativi/emergenti e di primo prezzo.
In forte calo anche il #'lusso di massa'', un segmento che per ultimo si è avvicinato ai brand della moda e per primo se ne è allontanato a fronte della crisi, che si è spostato verso quei canali alternativi di distribuzione che offrono vantaggi di prezzo (outlet, malls, spacci, department storre, mercatini ecc.), oppure orientandosi verso brand più competitivi sul fronte prezzi (jeanswear, pronto moda).
Insomma, è in atto una tendenza a costruirsi il proprio mondo di stile attraverso la combinazione di prodotti e brand differenti, con una forte enfasi sugli accessori. Tendenza, conclude lo studio di Pambianco, che #'determina una maggiore centralità del prodotto rispetto al marchio, con una focalizzazione sulla specializzazione della marca (categorie #'storiche'' del brand), dove questa può vantare una reale expertise e non sull'intera offerta della gamma. Alcuni esempi, tra i tanti: Ferragamo per le calzature, Gucci per borse e accessori, Prada per la pelletteria''.
Estratto da Affari & Finanza del 14/07/03 a cura di Pambianconews