Tradizionali competitor, e non solo sul piano del prodotto, conseguenza della contesa iniziale che oppose Bernard Arnault, patron di Lvmh, a François Pinault per il controllo, appunto, di Gucci. Così oggi, sciolta già da tempo con la vittoria del gruppo Pinault la lite di allora, tra Lvmh e Gucci c'è una sensibilità sui fatti reciproci che è molto acuta. Sono i due giganti del lusso. Lvmh ricava nella moda e nella pelletteria il 33% del suo fatturato totale, 4.194 milioni di euro (su 12.693) che contribuiscono però per ben il 64,6% al suo margine operativo totale. A questo si devono aggiungere profumi e cosmetici (2.336 milioni di euro) e orologi e gioielli (552 milioni di euro). La parte rimanente sono vini e retail. Gucci fattura 2.544,3 milioni di euro, il 32,4% dalla pelletteria, il 15,7% dai profumi, il 12,8% dall'abbigliamento, l'11,5% dalle scarpe (il resto sono cosmetici, orologi, gioielleria). In un anno difficile come il 2002 entrambe hanno guadagnato, con un risultato maggiore per Lvmh (13,8% di risultato operativo sul fatturato totale, contro il 7,1% di Gucci).
In questi anni le due società hanno seguito una strategia simile, basata sulle acquisizioni di altri marchi e spesso si sono trovate a contendersi la stessa operazione. Per muoversi Gucci ha fatto ricorso alle proprie riserve messe insieme in passato e ancora a fine 2002 godeva di una posizione finanziaria notevole (687,3 milioni di euro) che, però, ha appena deciso di restituire agli azionisti sotto forma di restituzione di capitale, aiutando così il suo azionista Ppr che si è impegnato a lanciare un'Opa sul titolo Gucci nell'aprile del 2004 a 101,4 euro per azione. Per le acquisizioni, invece, Lvmh si è rivolta all'indebitamento bancario e oggi ha una posizione finanziaria netta negativa di quasi 6mila milioni di euro. Allo scopo di contenere il debito il gruppo parigino ha avviato una serie di dismissioni di asset non strategici, come Pommery (champagne), che hanno portato a un miglioramento della gestione finanziaria.
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Proprio perché hanno fatto gran uso di acquisizioni, per entrambe è di fondamentale importanza la tematica degli ammortamenti. Purtroppo, i bilanci delle due società divergono per chiarezza (molto ricco di notizie quello di Gucci, con poche informazioni quello di Lvmh) e, dunque, è impossibile un confronto puntale.
Gucci ammortizza le sue acquisizioni in 20 anni, perché, come precisa nel suo documento, è obbligata a farlo dai criteri contabili Ias imposti dalla Sec (la Consob americana). Se, invece, adottasse il criterio Gaap, quello, scrive, utilizzato dai suoi competitor non quotati negli Usa, avrebbe un beneficio di ben 101,3 milioni di euro in più di utile netto nel solo 2002. Per la società guidata da Domenico De Sole, che ha appena annunciato risultati relativi al primo trimestre 2003 particolarmente deludenti (l'utile netto del periodo si è fermato a 1,2 milioni di euro), non è cosa da poco.
Estratto da CorrierEconomia del 14/07/03 a cura di Pambianconews